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venerdì 31 agosto 2012
L'Asse Francia-Germania di Alfiero Grandi
Francia e Germania hanno costituito un gruppo di lavoro per avanzare proposte di riforma dell’attuale assetto europeo, mettendo la parola fine alle chiacchiere sui ruoli protagonisti di altri Stati in Europa.
L’asse tra i 2 paesi più importanti dell’area euro conferma che, seppure per ragioni diverse, c’è un nucleo europeo centrale e il resto fa corona.
La Francia di Hollande cerca di non restare schiacciata sui paesi più deboli, sotto attacco, anche se lo fa con un certo stile, come conferma l’insistenza per una posizione europea che faccia restare la Grecia nell’euro.
La Germania ha interesse a non restare isolata e vuole evitare che si formi un’area di paesi guidata dalla Francia. L’Italia in questo quadro non c’è.
Anzi, Angela Merkel spinge perché sia la Spagna che l’Italia chiedano l’intervento del fondo denominato (a torto) salvastati, accettando ulteriori condizioni. La Grecia è stata umiliata, l’Italia verrebbe trattata un poco meglio, ma dovrebbe comunque accettare ulteriori imposizioni dall’Unione europea e dalla Bce, attraverso un memorandum contenente ulteriori impegni.
Per questo Monti ha cercato in ogni modo di allontanare l’amaro calice della richiesta di aiuto al fondo salvastati. Monti ha affermato testualmente: “Non voglio che l’Italia, dopo gli sforzi e i risultati ottenuti, sia sottoposta ad una sorta di commissariamento intrusivo”. Se lo dice lui…
Eppure dopo il vertice europeo di fine giugno la decisione di dare vita al fondo salvastati era stata salutata da Monti come un successo del suo Governo. C’era stato un entusiasmo eccessivo ?
In realtà l’accordo di fine giugno è una polpetta avvelenata. Nella migliore delle ipotesi è la via per obbligare i paesi che chiedono aiuto per anni. Non prevede un intervento automatico per mantenere lo spread ad un livello accettabile. Per questo lo Stato che ha bisogno di aiuto deve avanzare una richiesta formale per ottenerlo e accettare gli ulteriori impegni vincolanti che gli verranno dettati. Non è previsto che l’intervento di aiuto sia a carico degli Stati che stanno guadagnando dalla speculazione che spinge i loro tassi a zero, e anche sotto. Quindi l’onere, alla fin fine, è sulle spalle dello Stato che ha più bisogno. Non è previsto un intervento sui titoli pubblici a scadenza decennale, sui cui tassi si misura il mitico spread. Infatti i mille miliardi di liquidità immessi dalla Bce sono prestiti per 3 anni, per questo le banche non comprano titoli pubblici a 10 anni. Così sarà anche per gli interventi della Bce che prevede di intervenire solo sui titoli pubblici a breve.
Eppure anche il Governatore Visco ha chiarito che senza risolvere il problema degli spread la politica monetaria europea è inefficace.
In conclusione le decisioni europee, ad oggi, non affrontano il cuore del problema degli spread, che resterà una spada di damocle sulla testa dei paesi più deboli, come l’Italia e una mina sul futuro dell’euro.
In questi giorni ne abbiamo una conferma pratica: calano i tassi sui titoli italiani a breve ma lo spread sui titoli italiani a 10 anni restano alti, troppo alti per essere sopportabili a lungo. Mentre la Germania guadagna interessi bassissimi per il sistema pubblico e per quello privato e, per ora, anche la Francia gode di questi vantaggi.
Purtroppo, contrariamente a quanto affermato da Monti, la situazione italiana è tuttora difficile e dovrebbe essere affrontata con un taglio molto diverso da quanto affermato dal Presidente del Consiglio ancora nell’intervista a Il Sole.
Ormai tutti hanno capito che la tenuta dei conti pubblici è possibile solo in un quadro di ripresa economica e occupazionale.
Il problema è che l’ottica del Governo, in realtà, non prevede interventi forti a sostegno della crescita, forse perché tuttora convinto che risanare i conti pubblici e l’adozione di “riforme” sia sufficiente a rilanciare l’economia. Peccato che non sia così. Per questo suona stonata l’affermazione che l’ultimo Consiglio dei Ministri non doveva decidere cosa fare. Infatti al giornalista che gli chiede 3 priorità, Monti risponde: certificazione unica ambientale (incrociamo le dita pensando alle trivellazioni, ecc.), nuove regole sugli appalti, carta identità elettronica. Tutti aspetti importanti per carità, ma non tali da mettere in moto la ripresa economica in Italia.
Non ci sarebbe, secondo Monti, carenza di programmazione pubblica ma scarsa attenzione ai mercati e con questo risulta chiaro perché con questo Governo semplicemente la ripresa non ci sarà. Basta pensare che questo Governo sta affossando il settore delle energie rinnovabili, unico ad essersi sviluppatoo in questi anni di crisi. Per di più il terreno della ripresa è esattamente quello che potrebbe saldare un fronte europeo, molto più degli spread e del risanamento. La Francia, ad esempio, è certamente interessata alla ripresa economica, molto meno a mettersi nei pasticci sullo spread. Martine Aubry, segretaria del Psf, ha sottolineato l’esigenza di costruire un’Europa che metta la primo posto l’economia e non la finanza, la società e non solo i problemi di bilancio e fiscali. Una linea ben diversa da quella di Angela Merkel.
La domanda prevedibile, come al solito, è: dove prendiamo le risorse ? La risposta è: dove sono. Ad esempio chiudendo l’accordo con la Svizzera, come ha già fatto la Germania, sui capitali già esportati che darebbe certamente molto di più dello scudo fiscale di Tremonti. Basta copiare l’accordo tedesco. Sarebbe un passo avanti e metterebbe a disposizione risorse importanti. Aumento ulteriore dell’aliquota dello scudo fiscale, Patrimoniale, Tassazione delle rendite finanziarie come gli altri redditi, Tassa sulle transazioni finanziarie internazionali, sono altri esempi possibili.
Al Ministro Grilli vorrei chiedere: perché l’Italia continua a non chiedere ai capitali scudati l’Iva evasa come ci ha intimato da tempo l’Unione Europea ? Tanto più che il tempo passa e la prescrizione avanza a passi da gigante. Anche queste sono risorse ingenti, utilissime in queste circostanze, che l’Italia rischia di gettare dalla finestra.
Alfiero Grandi
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