mercoledì 22 febbraio 2023

Bocconi chiodati ai cani di M. Panichi

Questa notizia ricorre ormai da tempo sui quotidiani cittadini con ritrovamenti in zone diverse di Torino, parchi, giardini ,aiuole ecc e qualche cane già ne è rimasto vittima innocente. Colpevole è l’untore od i malnati che cospargono bocconi micidiali per cani. I bocconi di carne non sono avvelenati ma riempiti di chiodi o frantumi di vetro per non essere annusati dai cani “antiveleno” addestrati proprio per la ricerca delle polpette velenose. Così come esistono cani che annusano i tartufi, il diabete, il cancro, i dispersi, l’esplosivo o la droga così esistono oggi cani delle forze dell’ordine e della protezione civile che sono in grado di ritrovare i bocconi velenosi sparsi da persone cinofobe o zoofobe. Parrebbe che nella nostra città l’Ordinanza ministeriale che punisce severamente gli avvelenatori di animali non abbia l’efficacia augurabile anche per la tutela dell’ambiente. Da tempo l’Ordinanza è reiterata annualmente perché il problema dello spargimento di veleni per animali è ricorrente non solo a Torino ma un po' in tutto il territorio nazionale con grave rischio non solo per l’ambiente ma anche per i bambini e per le popolazioni di animali selvatici. Già nel passato si erano verificati episodi di spargimento di granaglie avvelenate per provocare stragi di piccioni ai giardini di Via Cernaia a Torino o di pellets intrisi di stricnina per contrastare i “gatti in libertà”. Purtroppo molti cittadini sono zoofobi perchè convinti che i piccioni portino malattie e che le colonie feline siano ricettacoli di virus, batteri e funghi pericolosi per la cittadinanza e per l’igiene pubblica. Pur considerando legittimo il timore che l’aumento eccessivo delle popolazioni animali sinantrope possano rappresentare un rischio per la salute pubblica e per l’igiene urbana - cosi come sostengono gli oppositori degli animalisti - è altrettanto vero che le autorità sanitarie e quella sindacale sono perfettamente consce delle loro responsabilità in proposito e che il monitoraggio sanitario continua ad essere costante. Ma detto ciò rimane da chiederci come mai l’insistente attentato ai cani in più zone della città con polpette farcite di corpi estranei taglienti da parte di una o più persone nemiche dei cani? Forse è perché l’aumento della popolazione canina torinese ha incrementato la presenza di deiezioni solide e liquide sui marciapiedi? Certo non si può dire che tutti i proprietari di cani raccolgano gli escrementi di cui purtroppo - specie al mattino - si trovano in bella mostra di sé sui marciapiedi e sull’asfalto delle vie fra un parcheggio di un’auto e l’altra. Residui piccoli e grossi, talvolta enormi, di tutti i colori, solidi od anche liquidi che certo non fanno onore alla categoria dei cinofili e che invece possono esaltare l’odio di coloro che i cani non li possono vedere. Certo il disgusto ed il disappunto di chi malauguratamente calpesta o deve rimuovere dal proprio marciapiede condominiale le feci dei cani portati a spasso di sera - quando i passanti sono rari e nessuno vede il misfatto del quadrupede - non giustificano le eventuali vendette contro i cani i quali non hanno colpe. Colpevoli sono quei padroni incivili che alzano gli occhi al cielo o fanno gli ..”struzzi” nascondendo la testa sotto la sabbia per non chinarsi a raccogliere la cacca del proprio beniamino. Ma non sono solo le evacuazioni solide canine che possono indisporre le persone che i cani non li hanno …anche le minzioni soprattutto dei maschi dovrebbero essere governate con maggior attenzione e consapevolezza da parte dei loro padroni…mi siano testimoni i custodi di stabili, i negozianti, gli automobilisti parcheggiati a fil di marciapiede. E’ risaputo che i cani maschi alzano la zampa posteriore per spruzzare il loro percorso e lasciare tracce del loro passaggio e quindi non soddisfano solo la necessità di svuotare la vescica. Per la ragione di reiterare gli spruzzi su stipiti, ruote o portiere di auto i cani maschi sono più odiati delle femmine che, se ben condotte, creano minori risentimenti. Devo dire con serenità che anch’io non gradisco che un cane maschio, specie se di grossa mole, innaffi la carrozzeria della mia auto, con il rischio di infiltrazione nelle fessure delle portiere. Non impazzisco di gioia e mi ribello se colgo il responsabile in flagranza. Alcuni condomini e negozianti difendono i loro spazi di marciapiede apponendo serie di bottiglie di plastica piene di acqua come dissuasori per scoraggiare il quadrupede malintenzionato dal “lever la patte”. Qualcuno appende cartelli più o meno ironici, altri cospargono strisce di zolfo lungo i loro muri sempre con lo scopo di dissuadere l’olfatto dei maschi che vorrebbero segnalare il loro transito ad altri “colleghi” del circondario. Ho riassunto sommariamente un problema reale e poco gratificante del costume cinofilo che deve e può migliorare l’ aspetto cittadino con la buona volontà di tutti non dimenticando mai la tradizione di una Torino “salotto” del passato. Raggiungere e mantenere un livello superiore di civiltà e rispetto del prossimo sicuramente non potrà che incentivare il turismo e stimolare l’accoglienza. Gli Amministratori però a loro volta devono essere sempre presenti ed intervenire quando necessario con fermezza ed anche deterrenza. Per concludere ben vengano i cani nelle famiglie torinesi con l’auspicio però che la loro conduzione sia sempre e vieppiù civile nel prosieguo di tempo. In attesa che le indagini identifichino il/i colpevole/i penso di interpretare la maggioranza della società torinese condannando severamente coloro che con gesti obbrobriosi e vili esprimono il loro odio ingiustificato verso la specie canina o tutte le altre specie animali presenti in città. L’augurio è che si giunga in breve ad identificare e punire chi non rispetta la Legge e le regole del buon viver civile.

lunedì 20 febbraio 2023

Una proposta prima che sia troppo tardi da Lo Spiffero Giovedì 16 Febbraio 2023

Alberto Nigra e Giorgio Diaferia Dalle elezioni regionali, il Pd, tendenza Bonaccini o Schlein, esce sconfitto, le alleanze asimmetriche in Lombardia e Lazio non hanno fruttato neppure un’apparente capacità competitiva, ma non è di questo che vogliamo scrivere. La destra vince, poco importa se al voto va poco più del quaranta per cento degli elettori, perché non esiste riprova che se fossero stati di più non avrebbe vinto ugualmente. Essendo stati espulsi da Azione per aver sostenuto Paolo Damilano alle elezioni comunali di Torino, ma avendo oggi ai vertici di quella formazione molti esponenti della politica locale e nazionale che con noi sostennero l’imprenditore, a fronte dell’esito negativo del voto regionale in Lazio e in Lombardia, è di questo che vogliamo scrivere. Riepiloghiamo brevemente, in Lombardia il terzo polo ha sostenuto la candidatura di Letizia Moratti, esponente del centrodestra (moderato), già assessore di Fontana, con l’ambizione di svuotare FI: obiettivo mancato. Invece nel Lazio il terzo polo ha sostenuto Alessio D’Amato, già assessore alla Sanità della maggioranza piddino-grillina di Zingaretti, ma senza l’appoggio di Conte, ottenendo un risultato deludente come anche +Europa. La vicenda è aggrovigliata, prova ne siano le dichiarazioni puntute e confuse di Calenda e in generale dei leader delle forze sconfitte. Proviamo a districarla con alcune considerazioni e una proposta. Il Terzo polo conseguì un discreto risultato alle elezioni politiche, complice anche la preannunciata sconfitta della coalizione piddina, che rese assai meno stringente il vincolo del voto utile, ma la scelta di correre da soli al di là del sistema elettorale non può essere la regola aurea, tanto più quando, come alle regionali si vota col maggioritario di coalizione. Molti guardano con invidia e ammirazione all’ascesa di FdI, ma Meloni ha sempre avuto chiaro che la sua formazione, almeno a livello locale, doveva stare nel centrodestra e vincere o perdere con loro, conquistando quote di potere, formando una classe dirigente governando comuni e regioni, cioè misurandosi sul consenso derivante dall’agire e non solo su quello dell’immaginare. L’elettorato che ancora vota, se va al seggio, lo fa per decidere chi governerà, non rassegnato allo stare all’opposizione oppure peggio in minoranza nella minoranza. Quindi che può fare il Terzo polo? Qualcuno dal Pd lo sollecita ad entrare in un campo largo con i 5S. Immaginare Conte e Calenda, Fratoianni e Renzi ad uno stesso tavolo sembra difficile, ma ancora di più è pensarli d’accordo su un programma comune: coniugare avversione e propensione alla Tav, come ai termovalorizzatori, come al sostegno all’Ucraina, come alla contrapposizione tra cultura garantista e giustizialista sembra impossibile, salvo ricorrere alla logora coperta di Linus della santa alleanza antifascista per vincere le elezioni. Allearsi con la destra? Lasciamo agli strateghi questo dilemma, che meriterebbe ben più approfondite riflessioni più che ostracismi e inviti a starsene a casa. Veniamo alle prossime scadenze regionali. A nostro parere non distinguere tra scadenze elettorali amministrative e politiche è il primo errore di chi ambisce ad essere “terzo”. Non perseguire il rafforzamento dell’area liberale e moderata con ogni mezzo, sostenendo un candidato a sindaco che ne è espressione, vedi Damilano, o che ne potrebbe essere aggregatore, vedi Cirio, sulla base di un pregiudizio, che per dirla come fanno alcuni dirigenti di Azione prevede esclusivamente di “allearsi col Pd se questo non si allea con i 5S” è una sorta di castrazione chimica del decantato primato della centralità dei contenuti sulla forma. In attesa dell’avvio del confronto sull’autonomia differenziata, che al Nord, come ben sanno i dirigenti terzisti più avveduti e intellettualmente onesti, non può essere sottovalutato con qualche battuta in dialetto romano, sarebbe utile inquadrare alcuni temi di competenza regionale: sanità, trasporti e ambiente, provare ad elaborare delle proposte, basate su discriminanti chiare, quindi aprire il confronto con tutte le forze politiche e quindi allearsi con chi si impegna a realizzare questi contenuti. Partiamo con un esempio a noi caro, la sanità, sia perché estremamente importante per la vita delle persone, mentre il divario tra le diverse realtà in Italia diventa ogni giorno più marcato. Innanzi tutto, servono risorse. Bisogna dire che ci vuole il MES e i miliardi che metterebbe a disposizione per la sanità pubblica italiana, ben trentasette. Ma per farne che cosa? Dobbiamo partire da quale sanità vogliamo e soprattutto quale debba essere il ruolo del pubblico e del privato nella gestione. Il Covid 19 ha messo in luce come anni di tagli ai posti letto ospedalieri, l’assenza di una seria politica di programmazione territoriale, l’indebolimento della figura dei medici di famiglia, l’abuso del ricorso ai Pronto Soccorso, abbia creato un vuoto assistenziale preoccupante, con un aumento dei costi e delle spese. Si sono ridotti i posti letto in medicina generale, fisioterapia, geriatria ecc. ritenendoli inutili e costosi. Si effettuano troppi esami costosi e spesso inutili e si prescrivono ancora troppi farmaci. Nella medicina domiciliare è praticamente scomparsa la terapia fisica domiciliare pubblica. Nelle RSA, duramente colpite durante il Covid ora tendono ad aumentare le tariffe, spesso senza migliorare per questo la qualità dell’assistenza, che prevede poca o scarsissima attività fisico motoria e fisioterapica, con un numero di OSS e di infermieri insufficienti . Da ultimo ma non meno importante occorre potenziare i dipartimenti territoriali di Igiene e Prevenzione, potenziando anche la rete dei centri per la cura delle malattie infettive, dotandole di terapie intensive che permettano di curare i casi più acuti e gravi in sicurezza ma nelle stesse strutture di ricovero. Nel 50% dei casi il tempo di attesa del posto letto supera gli standard internazionali, che è in media di 6 ore. Su 20 milioni di passaggi annuali nei pronto soccorso italiani (fonte Simeu, Società italiana medicina d’emergenza-urgenza), 10 milioni attendono almeno 9 ore, 800.000 più di 48 ore e 300.000 più di 72 ore. Mancano circa 5.000 urgentisti, ovvero 3 medici su 10 (inclusi i “gettonisti”). Nella nostra regione i posti letto sono 3,5 ogni mille abitanti, al di sotto del parametro nazionale di 3,7 e sono diminuiti dai 18.720 del 2010 ai 16.130 del 2019 (fonte Simeu). Mancano 284 urgentisti, sui 633 previsti (44%) e infermieri. Le cooperative coprono il debito orario di 100 medici con una spesa di 1,4 milioni al mese (15 milioni all’anno). La divisione dei pazienti per tipologia classifica il 61% come bassa gravità (codici verdi 51%, codici bianchi 10%), il 23,5% come media gravità (codici azzurri), il 16% come acuzie (codici rossi 2%, codici arancioni 14%). In conclusione, la Missione 6 del PNRR richiede una nuova programmazione per impiegare correttamente i 20 miliardi previsti. Quale rapporto tra pubblico e privato, garantendo la qualità e l’efficienza delle prestazioni? Ancora un dato. Il privato accreditato attualmente eroga, in modo ormai consolidato, circa il 70 % delle prestazioni di lungodegenza e riabilitazione (le cosiddette prestazioni post-acute ), il 65 % di quelle ambulatoriali, il 25 % di quelle per acuti con alcune Regioni al 50 % (Lazio), altre al 40 % (Lombardia) e altre ancora tra il 30 e il 40 % (Campania e Puglia). Gestisce l’84 % delle strutture Rsa.(Fonte Sole 24 ore). Un efficiente, sicuro e moderno SSN deve garantire livelli di assistenza omogenei in tutte le Regioni italiane cercando di evitare il più possibile la disaffezione del personale, il turismo sanitario costosissimo, la sicurezza del personale, la qualità della assistenza e la sua efficienza. E’ fondamentale razionalizzare l’assistenza con un serio connubio pubblico-privato e non razionarla. Apriamo dunque un dibattito su quale Sanità vogliamo nella nostra Regione. Non vogliamo ridurre il tutto alla contrapposizione tra modello lombardo e modello emiliano, ma capire se siamo in grado di immaginare un modello piemontese. Centrosinistra e centrodestra hanno in successione amministrato la Regione, ma le differenze sono impercepibili. Sia questa la una discriminante sulla base delle quali decidere le alleanze per provare a vincere.

domenica 12 febbraio 2023

Un aiuto ai cani per chi è in difficoltà a Moncalieri di M.Panichi

Non solo Torino prende in considerazione la “Mutua” dei cani e dei gatti ma anche il Comune di Moncalieri si schiera dalla parte degli animali appartenenti a famiglie non abbienti e promuove un’assistenza gratuita per quelle famiglie che possono dimostrare di avere un ISEE al di sotto dei 12.000 euro/anno. In questo caso però in primo piano compare una Onlus , la “Banca delle visite”, nata per aiutare gli indigenti umani che non possono pagarsi delle prestazioni sanitarie e che ha aggiunto alle proprie finalità anche i “pet” e dunque ora esiste una “Banca delle visite pet”. Un surrogato di “mutua per animali” che con uno sponsor a fianco (Audens, che fornisce medagliette salvavita e passaporto sanitario per i pet) ed il patrocinio Enpa (Ente Nazionale Protezione Animali) si mette a disposizione per visite veterinarie gratuite ad animali di persone appartenenti a fasce deboli. L’Assessore moncalierese alle politiche animaliste Alessandra Borello afferma che “il diritto alla salute e al benessere animale va garantito ma purtroppo oggi non ci sono strutture pubbliche per la cura dei pet”…ed aggiunge “abbiamo registrato un aumento del 40% delle persone che hanno cercato appoggio al canile l’Albero di mais…”. Il Rifugio L'Albero di Mais è il canile e gattile di Moncalieri (To) convenzionato Lida (Lega Italiana Diritti Animali) organizzazione no-profit che offre cure gratuite per tramite dei suoi Veterinari a cani e gatti abbandonati nella struttura e fors’anche a quei benemeriti cittadini soci Lida o sostenitori del canile. Sempre l’Assessore Borello afferma che “non ci sono strutture pubbliche” per la cura gratuita di animali d’affezione appartenenti a famiglie disagiate e purtroppo ciò corrisponde a verità. Un Servizio sanitario veterinario pubblico sarebbe estremamente utile per tutte quelle persone sole od anziane, sempre più numerose, che cercano conforto n un animale da compagnia, cani e gatti principalmente. Già all’inizio del secolo si era ventilata una proposta di Legge, prospettata dalla sinistra, ma che purtroppo non è mai arrivata in dirittura di arrivo per sopravvenute vicende politiche. Un vero peccato perché nel frattempo è aumentata la popolazione anziana e con questa anche quella canina. Sono migliaia i cani censiti ed ancor più i gatti familiari e quelli randagi presenti in città: numerosissimi sono i meticci, di nessuna razza e che hanno solo un valore affettivo per chi li possiede e che rendono un inestimabile valore aggiunto alle persone anziane, disabili od ammalate. Quando questi soggetti deboli non riescono a sostenere le cure per i loro beniamini sono costretti ad abbandonarli in canili/gattili ed ecco qui la necessità di dover favorire delle cure gratuite ai non abbienti per scongiurare gli abbandoni. Scongiurare gli abbandoni in questo caso va a vantaggio della qualità di vita di tutte quelle persone che possono fruire della confortevole presenza di un animale da compagnia. Nel contempo la forte presenza di cani e gatti ospitati in canili e rifugi comunali o protezionistici crea spesso problemi di sovraffolamento estivo con tutta una serie di problemi che vanno a scapito del loro benessere. Conclusivamenrte mi viene di esprimere apprezzamento per tutte quelle iniziative comunali che surrogano una vera e propria “Mutua per animali” ma nel contempo mi rammarico perché i buoni intenti delle ammnistrazioni comunali e del mondo animalista difficilmente riusciranno a soddisfare durevolmente le reali esigenze dei cittadini poveri ma zoofili.

venerdì 10 febbraio 2023

Il Milleproroghe cambia. Da ricetta elettronica a incarichi sul territorio ecco tutte le novità Fonte Doctor News

Anche il Milleproroghe in dirittura d’arrivo. Ecco tutti i contenuti di interesse sanitario Il medico prescrive online, il cittadino va con il numero di ricetta in farmacia, il farmacista legge la prescrizione nello schermo e dispensa: a segnare l'addio alla ricetta cartacea è -più di ogni altra legge pregressa o futura - il decreto Milleproroghe. Qui, in un emendamento, le commissioni riunite Affari costituzionali e Bilancio del Senato hanno inserito un rinvio della ricetta elettronica fino a tutto il 2024. E hanno anche dato più tempo ai professionisti sanitari per recuperare i crediti formativi non acquisiti negli anni scorsi. Nel contempo, è definitivamente cancellata la possibilità di trattenere i professionisti del Servizio sanitario nazionale fino a 72 anni a tutto il 2026, fino all'uscita di nuovi specialisti dalle scuole. Non si potrà mantenere in servizio né i dirigenti ospedalieri pubblici, né i docenti universitari, né i dipendenti del privato convenzionato, né i medici convenzionati con il Ssn, né i medici Inps e Inail. Fratelli d'Italia presenterà in aula un emendamento che dà l'opzione ai Mmg di andare in pensione a 72 anni anziché a 70. Incarichi sul territorio - Le commissioni hanno deciso di prorogare a tutto il 2023 gli incarichi dei medici specializzandi, e di assumerne di nuovi, "verificata l'impossibilità di utilizzare personale già in servizio e di ricorrere agli idonei collocati in graduatorie concorsuali in vigore", come del resto prevede la versione originale del decreto. Inoltre, come chiedevano i giovani in formazione anche per fare chiarezza rispetto ad alcuni indirizzi delle regioni, sono prorogate al 31 dicembre 2023 le misure che consentono ai borsisti del triennio in medicina generale ed agli specializzandi in pediatria, mentre si formano, di assumere incarichi provvisori o di sostituzione. Dice Luca Ciriani, ministro per i rapporti con il Parlamento: «Con l'emendamento che proroga la possibilità di riconoscere nel monte ore formativo dei tirocinanti la sostituzione dei medici di base e con quello che dà l'opzione ai Mmg di andare in pensione a 72 anni, Fdi ed il governo Meloni danno una risposta concreta ad una esigenza reale di aree che soffrono particolarmente la carenza di queste figure fondamentali». Soddisfatta la vicepresidente dei senatori Pd Beatrice Lorenzin per le norme che stabilizzano medici e specializzandi in servizio durante il Covid, allentano i vincoli di esclusività per le professioni sanitarie, ed arginano la carenza di personale, di medici di medicina generale, pediatri. Anche il finanziamento degli screening sul cancro era tra le richieste avanzate dal Pd, e molti nostri emendamenti sono stati accolti. Abbiamo lavorato sul merito delle questioni con maggioranza e governo, dando risposte proficue a questioni decisive per la salvaguardia del Ssn». Libera professione, meno vincoli - La parte dei 500 milioni stanziati dalla Finanziaria 2022 per il recupero delle liste d'attesa che ancora non era stata spesa a tutto lo scorso anno, potrà essere usata dalle regioni per acquistare prestazioni ospedaliere e di specialistica ambulatoriale da privati, fermo restando l'obbligo di non fare deficit: ogni regione non potrà usare più dello 0,3% della sua quota di finanziamento del fabbisogno nazionale standard 2023. Si allentano nel contempo le norme sull'esclusività per gli infermieri e gli altri professionisti sanitari: fuori orario di servizio e fino ad 8 ore settimanali la loro libera professione non sarà incompatibile con l'attività istituzionale. Le Regioni possono riconoscere un contributo ai laboratori Ssn che si accingono a garantire la soglia minima di efficienza di 200.000 esami di laboratorio e prestazioni specialistiche annue o di 5.000 campioni analizzati con tecnologia di next generation sequencing. Oncologia - Nello stato di previsione del Ministero della salute parte il Fondo per implementare il piano oncologico nazionale 2023-27, finanziato con 10 milioni di euro per ciascuno degli anni dal 2023 al 2027. I 50 milioni in tutto potenzieranno le reti oncologiche regionali, l'assistenza domiciliare ed integrata con l'ospedale, la formazione degli operatori sanitari ed il monitoraggio delle azioni di prevenzione, diagnosi, cura e assistenza in linea con il Piano. Prima d'estate, un decreto del Ministero della Salute dovrebbe individuare i criteri di riparto del Fondo. AIFA e CRI - I componenti di Commissione tecnico-scientifica per la valutazione dei farmaci-Cts e quelli del Comitato prezzi e rimborso-Cpr dell'Agenzia del farmaco restano in carica fino al 30 giugno 2023 in attesa che i due organismi si fondano in un'unica Commissione Scientifica ed Economica (Cse), per nominare i cui membri serve un decreto del Ministero della Salute, di concerto con Mef e Conferenza Stato Regioni. Gli organi deputati alla liquidazione della Croce Rossa italiana restano in carica fino alla fine del 2024. Bonus psicologo - La Commissione Bilancio ha detto no invece al bonus per lo psicologo fino a 600 euro a persona, in precedenza bocciato dalla Finanziaria. David Lazzari presidente dell'Ordine degli Psicologi ammonisce che "Il bonus psicologico deve essere un impegno di tutti, bipartisan. Così come lo psicologo a scuola e quello di base. Perché i problemi psicologici sono sotto gli occhi di tutti e l'aiuto psicologico non può essere un lusso per i pochi che possono permetterselo economicamente. Dopo il mancato sostegno da parte del governo in Commissione, adesso i cittadini si aspettano che nell'aula del Senato tutte le forze politiche supportino questa misura».

Nerio Nesi è deceduto oggi all'età di 98 anni

E' con vivo dolore che apprendo della scomparsa dell'amico ed ex assistito ( sono stato il suo medico di famiglia per oltre 10 anni,...