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domenica 2 giugno 2013
Italia fine della procedura europea di sorveglianza:ma come mai eravamo sorvegliati? di Alfiero Grandi
E’ stata posta grande enfasi sull’uscita dell’Italia dalla procedura europea di sorveglianza speciale per debito e deficit eccessivi. Un aspetto è rimasto in ombra. Perché l’Italia era diventata sorvegliata speciale ? La strana e larga maggioranza di Governo ha indotto a mettere la sordina sul fatto che l’Italia era sotto sorveglianza per responsabilità del Governo Berlusconi e che Tremonti aveva cercato in ogni modo di nascondere la gravità di questa procedura, in cui era incappato il nostro paese proprio per responsabilità sua e di Berlusconi.
La procedura di sorveglianza è stata la base per le prescrizioni pressanti arrivate all’Italia dalla Commissione europea. Prescrizioni che sono diventate il programma del Governo Monti. Ricordata la responsabilità del Governo Berlusconi resta da vedere se le prescrizioni europee hanno funzionato. Purtroppo no, anzi. Il debito pubblico italiano è oltre il 130 % (nel 2007 con il Governo Prodi II era sceso al 103 %) e secondo le previsioni attuali nel 2014 si avvicinerà al 134 %. Un’enormità. Questo risultato è dovuto essenzialmente alla caduta del Pil. Pil che ora sappiamo nel 2013 sarà inferiore alle previsioni, come molti avevano previsto.
Quindi il debito pubblico è esploso proprio come conseguenza di una politica europea restrittiva, fondata sul credo ideologico dell’austerità. Anche gli allentamenti dell’austerità, di cui si parla ora, sono sostanzialmente a carico dei paesi che hanno bisogno di rilanciare l’economia, come l’Italia. E’ incredibile che questo risultato delle prescrizioni europee venga considerato ovvio o peggio inevitabile, quasi un fenomeno naturale, mentre è il risultato di politiche europee sbagliate.
Per quanto riguarda il deficit va ricordato che Berlusconi si era impegnato a rientrare al 3 % nel 2014 e Monti aveva anticipato il 3 % di un anno con scelte ancora più drastiche di tagli e tasse. L’Imu è parte rilevante di questa storia. L’Imu è un’invenzione del governo Berlusconi che partiva dal 2013, ma è stato anticipato da Monti al 2012. La differenza politica in questi anni è stata essenzialmente in quale anno fare entrare in vigore le misure.
La “clava” dello spread aveva essenzialmente lo scopo di impedire qualsiasi scostamento dal sentiero previsto, dopo le direttive europee.
C’era un’alternativa possibile ? Si, c’era. Bastava che la Bce si impegnasse ad acquistare il debito pubblico superiore al 60 %, alla scadenza, allo stesso tasso del prestito all’1 % di 1000 miliardi di euro concessi alle banche, che hanno così guadagnato acquistando titoli pubblici a tassi più alti del prestito Bce e in pratica ricevendo soldi pubblici per risanare i loro scassati bilanci. Il prestito diretto agli Stati sui debiti pubblici avrebbe consentito loro di investire risorse nella ripresa e di mantenere il Pil su livelli migliori.
Invece l’austerità ad ogni costo ha obbligato i paesi più deboli alla recessione. L’Italia è in recessione da almeno 2 anni. I paesi più forti hanno beneficiato di condizioni relativamente più favorevoli sia per il costo irrisorio del loro debito pubblico che per il credito alle loro imprese. Il risultato però è che ora l’intera Europa è in stallo.
Meglio fuori dalla procedura di sorveglianza che dentro. Tuttavia per l’Italia non cambia molto, neppure ora, perché restano in vigore vincoli europei che continueranno a frenare lo sviluppo, salvo sentirsi raccomandare ad ogni piè sospinto che occorre incentivare la ripresa. Sarebbe bello, ma con quali risorse ?
Ad esempio perché il Governo Letta non ha cercato di ottenere da subito, come Spagna e Francia, un anno o due in più per arrivare al 3 % di deficit ? Questo avrebbe liberato immediatamente risorse per sostenere la ripresa e l’occupazione. Così se ne riparla, forse, nel 2014. Non vale rispondere che l’Italia ha un debito pubblico più alto di Francia e Spagna, visto che il debito continuerà a crescere in rapporto al Pil proprio perchè non ci sarà ripresa dell’economia e dell’occupazione.
Le raccomandazioni europee che hanno accompagnato l’uscita dell’Italia dalla condizione di sorvegliato speciale sono poi un ulteriore vincolo. In sostanza l’Italia deve impegnarsi a non sforare e per ogni ulteriore iniziativa la speranza è tutta riposta nel livello europeo. L’iniziativa per creare occupazione per i giovani è dipendente da una decisione europea, come del resto le altre inziative di cui si parla. Altrimenti, come ha ricordato il Ministro dell’economia, le spese si possono fare solo tagliando da altre parti. E’ chiaro che così la riduzione dell’Imu è in alternativa al blocco dell’aumento dell’Iva, che la riduzione della tassazione sul lavoro si può fare solo con tagli alla spesa sociale, ecc.
Letta spera di convincere l’Europa a realizzare investimenti europei. Molti auguri. In realtà questa posizione segnala una condizione di subalternità, non dall’Europa in sé ma da questa neoliberale e che ha fatto dell’austerità un feticcio, con le conseguenze che vediamo. Perfino gli investimenti dei fondi europei hanno un problema perché il cofinanziamento nazionale deve essere considerato fuori dai conti del deficit altrimenti si sfora e si torna alla casella di partenza. In definitiva il vero problema dall’inizio è se deficit e debito siano l’inizio e la fine di tutto oppure no. Se non lo sono, le iniziative per la ripresa, allentando i vincoli sul deficit e sul debito, potrebbero alleviare le sofferenze italiane e non solo. Altrimenti ogni iniziativa dovrà essere sottoposta ad approvazione, salvo sentirsi rispondere che poiché va oltre i parametri non si può fare e così perfino i fondi europei che dovrebbero venire in Italia non verranno utilizzati. Finora il problema sembrava essere che l’Italia non riusciva a spendere, e in parte era così, ora diventerà più propriamente che se l’Italia usa i fondi europei sfora il deficit e quindi non potrà farlo.
In cosa spera Enrico Letta non è chiaro. E’ chiaro che se l’Italia continua a considerare la linea europea attuale sostanzialmente immodificabile non solo non ci sarà grande differenza dai Governi precedenti, ma soprattutto l’Italia continuerà a navigare sul fondo della crisi, lasciando nella disperazione milioni di persone senza lavoro, senza reddito adeguato.
Almeno il Governo Letta lanci in maniera persuasiva la lotta all’evasione fiscale e contributiva, tolga regalie come la cedolare secca sugli affiti che ha regalato ai proprietari di case 500 milioni di euro, disboschi alcune altre regalie che l’Italia non si può permettere. Con questi soldi si potrebbero finanziare misure urgenti su occupazione, ambiente e sviluppo.
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