sabato 5 dicembre 2009

TorinoViva, buona la prima di Michela Damasco



Buon successo di pubblico per la presentazione del movimento culturale e politico TorinoViva, che si è svolta lo scorso 25 novembre. La sala del cinema King Kong, in via Po 21, era piena di persone di tutte le età, che hanno ascoltato proposte e idee dei fondatori e partecipato attivamente al dibattito che ne è seguito.
Con l’obiettivo di ascoltare davvero i problemi della città e dei cittadini e offrire soluzioni concrete, perché oggi l’apparato politico pare basarsi su un sistema etico in cui spesso i problemi più gravi sono assenti, i soci fondatori del movimento e i membri del direttivo hanno esposto le loro considerazioni alla platea, focalizzando l’attenzione su alcuni aspetti anche legati alle loro diverse professionalità.Ha aperto la presentazione-dibattito Emanuela Rampi, funzionario della Regione Piemonte presso il settore Affari internazionali, che ha fondato TorinoViva assieme a Giorgio Diaferia, presidente dell’Associazione: «Le scelte per la nostra città non sempre ci appartengono e spesso le sentiamo non dico “aliene”, ma “lontane”, e non sempre di buon senso. È vero che eleggiamo persone nelle istituzioni perché ci rappresentino, ma è altrettanto vero che in questi ultimi anni abbiamo delegato troppo, e io personalmente sento un po’ di scollamento tra chi amministra e noi cittadini. Vivere la città è anche partecipare alle scelte che per questa vengono fatte». Ricordando i capisaldi di TorinoViva, rappresentati da due “E”, Ecologia della vita e Etica della politica, la Rampi ha parlato di una serie di problemi a Torino, legati sia alle scelte fatte, sia a quelle da fare. Introduzione calzante a un video proiettato in sala, girato per le strade della città, dove viene dato spazio ai cittadini, ai problemi che vivono quotidianamente e alle soluzioni che propongono.L’incontro è poi proseguito con l’intervento dei membri del direttivo, che a turno si sono presentanti e hanno affrontato questioni differenti. Luisella Zanino, pediatra e omeopata, ha parlato della necessità di misurare anche il Fil, oltre al Pil, cioè la Felicità Interna Lorda, perché «l’80% delle malattie deriva dallo stress, a causa di un ambiente ostile», e ci occupiamo troppo poco di questo aspetto, così come dei bambini, che non hanno spazi per la socialità, mentre si dovrebbe pensare a scuole ecocompatibili e spazi di condivisione.
Bernardo Ruggeri, docente al Politecnico ed ex presidente dell’Amiat, si è concentrato sulle questioni carattere ambientale, ricordando il dramma di Basse di Stura: «La discarica doveva chiudere nel 2001. Per chi fa politica le parole date devono avere un senso e un peso. Dobbiamo lavorare per l’oggi guardando al domani, dando una spinta sulla vicenda della raccolta differenziata e su un sistema di uso e riciclaggio industriale dei rifiuti».Ennio Cadum, epidemiologo dell’Arpa, che conosce molto bene la città per via dei suoi studi e ha analizzato i problemi di salute di vaste fasce della popolazione, non solo ha affrontato i problemi dell’inquinamento, ma anche il tema del razzismo: «Il punto è che certe dichiarazioni fatte in modo indegno sono indice di un basso livello culturale e purtroppo sono molto comuni».Razzismo da una parte e spesso incapacità, da parte delle Forze dell’ordine, di trattare gli stranieri che entrano in Italia per sopravvivere e lavorare da quelli che arrivano per delinquere. Ezio Borghesio conosce bene ciò di cui parla, dato che è Vigile urbano, ora distaccato al Tribunale dei Minori, e per anni ha vissuto in Corso Giulio Cesare, piena Porta Palazzo: ha raccontato la sua esperienza negativa, e non per la presenza di molti extracomunitari: «Siamo l’unico Stato al mondo con sette divise che fanno lo stesso lavoro e non collaborano: chi indossa la divisa ha colpa perché non capisce la differenza tra gli stranieri che arrivano qui. Un moderno amministratore di una grande città deve voler ogni giorno puntare al bene della sua gente, dei suoi bimbi e dei suoi anziani, attraverso la tutela dell’ambiente e la sicurezza delle nostre strade».Prima di passare a domande e considerazioni dei presenti in sala, ha preso la parola il presidente e fondatore dell’Associazione, Giorgio Diaferia, medico di famiglia, fisiatra e agopuntore, docente universitario, giornalista e conduttore in tv locali: «TorinoViva non nasce per fare l’elenco delle cose che non vanno in città: in quello sono capaci tutti. Il nostro vuole essere un movimento che ascolti e cerchi di risolvere i problemi della nostra città, che è bella, anche se certe spese dovrebbero essere fatte in altro modo, per aiutare tutti, a cominciare dai giovani». Il senso del video proiettato in avvio di presentazione era proprio questo: «La gente mi chiedeva se poteva esprimere il suo punto di vista, perché fondamentale ascoltarla: le persone non ne possono più, ormai pensano che sia impossibile parlare, sono sfiduciati, non credono più né nei politici di destra, né di sinistra». In un contesto del genere, l’obiettivo di TorinoViva suona tanto “normale”, quanto impegnativo, visto il contesto in cui s’inserisce: «Cerchiamo di ascoltare la gente e di trovare soluzioni con le risorse a disposizione, utilizzando però una scala di priorità diversa: non per il tornaconto personale di alcuni, ma per il bene di tutti». Proprio come fa un medico di famiglia, che «deve ascoltare e risolvere il più possibile i problemi dei propri pazienti». Il punto di partenza di TorinoViva sono le difficoltà pratiche, quotidiane, dei cittadini, che riguardano ambiente, salute, qualità della vita seguendo modelli di sostenibilità ambientale ed economica, sicurezza delle strade, sviluppo collettivo, oltre a un’etica della politica per cui i piedi devono stare per terra, ancorati alle problematiche del territorio e alle questioni che preoccupano i cittadini.Ecco perché, in un momento storico in cui la disaffezione per i partiti e la perdita di fiducia caratterizzano sempre più persone, questo nuovo movimento si presenta come cantiere aperto a tutti, per scrivere un programma insieme e poi passare a una proposta politica concreta. Qualche idea TorinoViva ce l’ha già, come ad esempio i Vigili di colore che, come ha spiegato Diaferia, «forse potrebbero aiutare a capire meglio le problematiche degli stranieri che si trasferiscono a Torino».
Adesso è il momento delle idee dei cittadini che, a giudicare dalla buona risposta del pubblico e dagli spunti interessanti che sono emersi fin dal primo incontro, non mancano. Le buone premesse, insomma, sembrano esserci tutte.

Per info presidenza@torinoviva.it

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