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mercoledì 15 marzo 2023
Gestione della Pandemia: la parola alla FNOMCeO da MD DIGITAL
Il Presidente della FNOMCeO Filippo Anelli durante l'audizione presso la Commissione Affari Sociali della Camera dei deputati, sulle Proposte di legge volte all’istituzione di una Commissione parlamentare di inchiesta sulla gestione dell’emergenza epidemiologica da Covid-19, ha tenuto a precisare: “Non è compito istituzionale di questa Federazione esprimere una valutazione sull’opportunità di istituire una commissione d’inchiesta per valutare l'operato e le misure adottate dal Governo, dalle Regioni e province autonome sui piani da essi elaborati in tema di prevenzione e contrasto del Covid-19 durante il periodo emergenziale".
"Al tempo stesso - ha sottolineato Anelli - una riflessione sul contesto e sull’efficacia delle misure messe in atto può avere un senso in un’ottica di risk management volto alla valutazione completa ed integrata dei rischi, tanto che la FNOMCeO ha in pubblicazione un libro bianco sul primo periodo di pandemia che mette in relazione i quadri epidemiologici con i provvedimenti adottati ai diversi livelli di governo. Si tratta di un approfondimento da un punto di vista legislativo ed epidemiologico, attraverso una raccolta ragionata delle misure normative e regolamentari relative alla gestione dell’epidemia da Covid-19”.
Con il libro bianco, realizzato anche con il contributo di Deloitte Legal, FNOMCeO ha avviato al suo interno una riflessione su quanto avvenuto durante l’emergenza epidemiologica. Tre i temi principali:
1. come le disposizioni normative e gli atti adottati abbiano inciso sull’andamento della pandemia;
2. l’importanza strategica della produzione italiana di vaccini e dispositivi di protezione individuale;
3. quanto i tagli alla sanità abbiano reso il sistema Paese vulnerabile e impreparato dinanzi all’emergenza pandemica.
È proprio su questo terzo punto che si è soffermato Anelli, tornando a chiedere alla politica di investire nel Servizio Ssanitario Nazionale, non solo per meglio fronteggiare future emergenze, ma per garantire oggi adeguate assistenza e cure ai cittadini.
“L’emergenza Covid-19 – ha ricordato - che ha visto impegnati in prima linea i medici e tutti gli operatori sanitari con spirito di generosità e sacrificio, ha evidenziato il bisogno di potenziare il Servizio Sanitario Nazionale al fine di coniugare la garanzia di adeguate prestazioni sanitarie con un’ottimale gestione delle risorse e la sicurezza degli operatori con le scelte organizzative”.
“La pandemia di Covid – ha continuato - ha messo in luce e amplificato carenze e zone grigie preesistenti nel nostro Servizio Sanitario Nazionale, frutto di decenni di tagli lineari e di politiche alimentate da una cultura aziendalistica che guardava alla salute e ai professionisti come costi su cui risparmiare e non come risorse sulle quali investire. Ha acceso impietosamente un riflettore su criticità e carenze che erano ormai strutturali. Carenze di personale, con medici ospedalieri che hanno dovuto fare turni anche di 24 ore di seguito, per poter gestire i pazienti che continuavano ad affluire senza sosta. Carenze a livello edilizio, con l’impossibilità, in molti ospedali, di separare i percorsi ‘sporco’ e ‘pulito’. Carenze strumentali, di posti letto, delle terapie intensive. Carenze organizzative, con medici di famiglia lasciati soli ad assistere i pazienti domiciliati; abbandonati a se stessi, senza protocolli, linee guida; senza personale di supporto, privi di strumentazione adeguata, senza saturimetri e bombole d’ossigeno. Senza dispositivi di protezione individuale. Carenze nella sicurezza, appunto, che hanno portato molti medici a contagiarsi, alcuni a pagare con la vita il loro impegno”.
“La situazione nella prima fase è stata drammatica – ha aggiunto - soprattutto nelle Regioni del Nord, tanto che possiamo dire che Bergamo e la Lombardia sono state la nostra Caporetto, la Caporetto della guerra che la nostra Professione ha dovuto combattere contro il COVID-19. I medici e gli altri professionisti sono stati chiamati ad operare – e i decisori a prendere provvedimenti - in un contesto straordinario: un contesto con evidenze scientifiche scarse e in continua evoluzione, di carenza di personale e di risorse”.
Anelli ha poi elencato tre grandi lezioni che la tragica esperienza del Covid deve insegnare.
La prima: l’importanza di mettere in sicurezza gli operatori sanitari: non solo per salvaguardare la continuità delle cure, ma per assicurarsi che i professionisti non diventino veicolo d’infezione.
“Vorrei in questa sede ricordare – ha affermato - i 379 medici e odontoiatri che hanno perso la vita per il Covid, soprattutto nella prima fase della pandemia, quando ancora non erano disponibili i vaccini e mancavano anche i più elementari dispositivi di protezione. Oltre al nostro Roberto Stella, presidente dell’Ordine di Varese, molti sono i medici caduti. Molti dei nostri colleghi e amici si sono ammalati. I medici di medicina generale si chiudevano a vivere nei loro studi per poter almeno continuare a prescrivere; i medici ospedalieri erano costretti a turni massacranti per l’improvviso impennarsi dell’epidemia sommata alle carenze di organico; gli anestesisti rianimatori si sono trovati di fronte alla necessità di scelte impensabili, di dilemmi etici propri di scenari di guerra. Mentre, sul territorio ma anche in ospedale, mancavano i dispositivi individuali di sicurezza, maschere FFP3 e FFP2, visiere, guanti, sovracamici monouso. Scarseggiavano anche i tamponi. Nella nostra sede a Roma le bandiere sono state esposte a mezz’asta, il Portale FNOMCeO è stato listato a lutto, e così sono rimasti sino alla fine dell’emergenza, in memoria di Roberto Stella e degli altri medici caduti sul campo. Può esserci stata, all’inizio, una sottovalutazione del rischio, perché non si credeva che il virus fosse già presente in quelle zone. Ma è anche vero che i medici sono stati mandati ad affrontare l’emergenza a mani nude, per le falle nel sistema di distribuzione, su base regionale, dei dispositivi individuali di protezione. Eppure, la letteratura internazionale invita, in caso di epidemia, a mettere in sicurezza il personale sanitario, perché è la risorsa più preziosa. Questa è una delle lezioni – ha chiosato - che il Covid ci lascia”.
La seconda lezione. “La seconda lezione è quella sull’importanza della solidarietà: la stessa solidarietà che rappresenta uno dei principi cardine del nostro Servizio Sanitario Nazionale”.
“Solidarietà tra le Regioni – ha specificato - perché ritornino a ragionare come un corpo unico, come un Servizio Sanitario Nazionale, appunto, che coordina e gestisce i sistemi regionali. Solidarietà tra i cittadini, che hanno sacrificato le piccole libertà personali per un bene più grande, quello della salute. Solidarietà verso i medici, che non devono mai più essere chiamati a sacrificare la loro vita e a mettere a rischio quella degli stessi pazienti per l’inadeguatezza delle loro condizioni di lavoro, perché costretti ad assistere i pazienti senza le dovute protezioni, perché messi di fronte al dilemma etico di dover sacrificare la loro vita come unica – e sbagliata – soluzione per non smettere di portare soccorso”. Solidarietà come antidoto alle disuguaglianze di salute, questione ancora oggi irrisolta.
“La salute diseguale – ha spiegato Anelli - problema che da sempre ci affligge, è stata resa ancor più diseguale dalla pandemia di Covid. Il Covid è arrivato su un terreno già disomogeneo e ha aperto varchi, scavato solchi, che rischiano di diventare voragini capaci di inghiottire i diritti civili, garantiti dalla nostra Costituzione. E a tutela di tali diritti, del diritto alla Salute, di cui all’articolo 32, del diritto all’Uguaglianza, di cui all’articolo 3, della garanzia stessa dei diritti, di cui all’articolo 2, lo Stato elegge gli Ordini delle Professioni Sanitarie, quali suoi Enti Sussidiari. Dobbiamo vigilare quindi: ripianare tali solchi, affinché non si aprano crepacci insanabili”.
“Occorre garantire – ha ribadito - il superamento delle differenze ingiustificate tra i diversi sistemi regionali, creando un sistema sanitario più equo, salvaguardando il Servizio Sanitario Nazionale pubblico e universalistico. Il raggiungimento di obiettivi di salute deve restare la finalità prioritaria del servizio sanitario. È arrivato il momento di riflettere su un ruolo più forte e centrale del Ministero della Salute: auspichiamo una modifica di legge che rafforzi le sue capacità di intervento, aumenti le disponibilità economiche e le sue funzioni al fine di colmare le diseguaglianze. Rivendichiamo anche un ruolo centrale per i professionisti, che devono essere messi nelle condizioni di partecipare alla definizione e al raggiungimento, in autonomia e indipendenza, degli obiettivi di salute. È la Professione medica, sono le Professioni sanitarie, in quanto garanti dei diritti, la vera rete di unità del Paese in tema di salute”.
La terza lezione, secondo la FNOMCeO, è quella dell’importanza di una sanità davvero prossima al cittadino, che risponda alle sue domande di salute nel momento e nel luogo in cui ne ha bisogno. Che veda i professionisti lavorare insieme sul territorio, vicino al letto del malato, con strumenti diagnostici adeguati e che salvaguardi quel rapporto unico e speciale che nasce dalla libera scelta del medico nel quale il cittadino ripone la propria fiducia.
“Le storie di tutti i medici che si sono impegnati contro il Covid – ha sottolineato ancora Anelli - mettendo a rischio e sacrificando, in troppi casi, la loro stessa vita, a causa delle inadeguate misure di sicurezza, dimostrano che è stata la loro professionalità, il loro lavoro, la loro vicinanza la miglior risposta ai bisogni di salute dei cittadini. Diciamo dunque, ancora una volta, grazie a tutti i medici che, ciascuno per la propria parte e con il proprio ruolo, quotidianamente e in silenzio, offrono le loro competenze e i loro valori etici ai loro assistiti e a tutti i cittadini. Grazie ai medici ospedalieri, che hanno lavorato senza sosta in contesti provati da carenze croniche di organici e di risorse; ai ricercatori, che hanno raccolto evidenze su una malattia nuova e sconosciuta; ai medici della medicina territoriale, del 118, della continuità assistenziale, delle RSA, delle carceri, delle USCA, della specialistica ambulatoriale interna ed accreditata, che sono stati gli angeli custodi dei pazienti a loro affidati, svolgendo, al di là del loro dovere, anche una funzione sociale di vicinanza e consolazione ai malati; ai medici di famiglia, che hanno fatto della loro relazione privilegiata con i pazienti, frutto di un sacrosanto diritto esercitato dal cittadino, quello della libera scelta basata sulla fiducia e alimentata dalla continuità del rapporto, il primo strumento di terapia, il mezzo principe di guarigione e il sigillo di garanzia di lunga vita in buona salute; a tutti i medici e gli odontoiatri impegnati nelle campagne vaccinali. Un grazie ai nostri Ordini che non si sono mai fermati neppure nelle fasi più drammatiche quando erano costretti a lavorare a battenti chiusi e senza personale perché anche gli impiegati dopo i medici erano ammalati o in quarantena. Ordini che hanno prima svolto un ruolo essenziale nella distribuzione dei dispostivi individuali di protezione. Ordini che nell’ambito della sussidiarietà hanno svolto fino in fondo il loro dovere, portando a termine, tra mille difficoltà e sacrifici, i compiti che la legge aveva loro affidato”. Ma dire grazie non basta: osannati negli anni della pandemia e considerati i moderni eroi della nostra società, in realtà, i medici e gli odontoiatri vivono con grande difficoltà la loro condizione professionale. E, anche qui, la pandemia ha slatentizzato carenze e reso evidenti gli errori del passato.
“L’indagine dell’Istituto Piepoli promossa da FNOMCeO e presentata lo scorso anno in occasione della I Conferenza nazionale sulla Questione Medica – ha detto Anelli - ha evidenziato come il mancato investimento sulla medicina territoriale e le gravi carenze di personale, infrastrutturale del versante ospedaliero insieme ad una eccessiva burocratizzazione dell’atto medico siano oggi i fattori all’origine della crisi professionale”. Una crisi ormai molto profonda, tanto che, secondo lo stesso sondaggio, quasi un medico su tre, potendo, andrebbe subito in pensione. E a voler lasciare la professione sono in maggioranza i medici più giovani, tra i 25 e i 44 anni.
Un dato, questo, rispecchiato da una realtà nella quale sempre più medici abbandonano il Servizio sanitario nazionale, in fuga verso il privato, l’estero, il prepensionamento, la libera professione: una vera e propria emorragia, che già oggi è costata alla sanità pubblica una carenza di 20mila tra medici ospedalieri, soprattutto nei Pronto soccorso, e di medicina generale. E la situazione potrebbe peggiorare nei prossimi cinque anni, quando, secondo una proiezione su dati Agenas, andranno in pensione 41.000 tra medici di famiglia e dirigenti medici: è necessario dunque arginare il fenomeno degli abbandoni, che riguarda l’ospedale quanto il territorio. Altro fenomeno preoccupante, evidenziato da un’analisi condotta incrociando i dati del Cogeaps, il consorzio che gestisce i crediti dei professionisti, con quelli della FNOMCeO, è il netto calo dei giovani medici che scelgono alcune specialità considerate più a rischio di denunce: anestesia e rianimazione, le chirurgie, la ginecologia-ostetricia.
Nasce anche da questo scenario la proposta, lanciata dalla Federazione nel corso dell’audizione, di estendere lo “scudo penale” che Anelli si era visto costretto a chiedere per i medici durante la pandemia anche alla situazione attuale di “grave carenza dei mezzi e del personale sanitario”.
“In conclusione – ha terminato il presidente FNOMCeO – questa Federazione ribadisce anche in questa sede la necessità di rendere più attrattiva la sanità pubblica e di far sentire i medici al sicuro”.
“Oggi serve da parte dello Stato – ha chiesto - e delle Regioni un intervento straordinario che colmi le carenze e restituisca alla Professione medica quel ruolo che merita: risorse speciali per i contratti di lavoro e abolizione dei limiti per l’assunzione dei medici sia in ospedale che sul territorio nel rispetto di una corretta programmazione. Risorse per consentire a tutta la professione, dipendenti, convenzionati e specialisti accreditati di poter contribuire ad assicurare tutte quelle prestazioni che oggi in parte il cittadino cerca fuori dal Ssn. Servono risorse e riforme per ridare dignità ai medici e ai professionisti, garantendo loro autonomia e i loro diritti”.
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