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lunedì 11 luglio 2022
Durante la pandemia abbiamo ridotto le emissioni di CO2 come mai prima, ma sono già risalite
La combustione delle fonti fossili e la produzione di cemento sono le due attività umane che contribuiscono maggiormente all’emissione di anidride carbonica nell’atmosfera. Nel 2019 l’emissione globale di biossido di carbonio dovuta a questi processi aveva raggiunto 35 332 milioni di tonnellate, il massimo mai toccato fino ad allora. La pandemia ha causato una frenata mai vista prima: nel 2020 abbiamo emesso globalmente 2 232 milioni di tonnellate in meno, cioè una riduzione del 6,3% rispetto all’anno precedente.
Per confronto, la crisi finanziaria del 2008-2009 aveva causato una riduzione quasi sei volte inferiore a questa (380 milioni di tonnellate evitate), mentre la seconda guerra mondiale, per quello che è stato possibile ricostruire, ci aveva fatto risparmiare circa un terzo di quanto ci ha fatto risparmiare la pandemia (840 milioni di tonnellate).
Nel 2021 però le emissioni sono tornate a salire. Rispetto al 2020 abbiamo emesso il 4,8% in più e solo l’1% in meno rispetto al 2019. Troppo poco considerando che per rispettare l’Accordo di Parigi dovremmo ridurre ogni anno le emissioni del 4%, per contenere l’aumento della temperatura entro 2,5°C rispetto ai livelli preindustriali. Se poi volessimo ambire a limitare il riscaldamento globale entro 1,5°C, allora la riduzione delle emissioni di CO2 dovrebbe essere dell’8% all’anno.
Queste stime arrivano dal Carbon Monitor, un ambizioso progetto nato due anni fa che ha sviluppato un database e un metodo per stimare in tempo quasi reale le emissioni giornaliere in sei diversi settori (generazione di energia, industria, trasporto su terra, trasporto aereo nazionale, trasporto aereo internazionale e uso residenziale) per 12 paesi o regioni (Brasile, Cina, EU27, Regno Unito, Francia, Germania, India, Italia, Giappone, Russia, Spagna, Stati Uniti) e a livello globale. Il progetto, coordinato da Zhu Liu della Tsinghua University di Pechino, ha costruito un database che parte dal 2019 e arriva, nell’ultimo aggiornamento, al 31 maggio 2022. Normalmente i dati sulle emissioni di CO2 sono annuali e arrivano con molti mesi di ritardo rispetto al periodo di riferimento.
«I dati raccolti e presentati in questo articolo sono estremamente preziosi e forniscono una visione unica dell'evoluzione delle emissioni nel 2020», ha dichiarato Jan Brusselaers, economista ambientale della Vrije Universiteit Amsterdam nei Paesi Bassi. Continua a leggere su Scienza in rete
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