giovedì 14 luglio 2022

Leggiamo con grande soddisfazione su “La Stampa “ del 12 Luglio questo articolo e prendendo atto del “Rinascimento” del Parco facciamo un po' di storia dell’ex Zoo.

Ci sono voluti molti anni per fare rinascere il Parco Michelotti dopo la chiusura dello Zoo avvenuta nel 1987, primo Zoo a chiudere i battenti in Italia. Esisteva dal 1955 su un territorio lungo e stretto su circa 30.000 metri quadri fra il C. Casale ed l fiume Po, dalla diga fin quasi a C, Gabetti. Ospitava pachidermi, giraffe, grossi felini, scimmie, pinguini, uccelli, rettili, pesci, ungulati ecc. tutti di proprietà di una Ditta importatrice e venditrice di animali esotici e selvatici che venivano esposti al pubblico con il pagamento di un biglietto di ingresso. Ospitati in recinti aperti con possibilità di ricovero al chiuso per la notte in strutture murarie non sempre conformi alle migliori condizioni di vita. Dico questo perché esporre e mantenere così tante specie di animali in una lunga ma stretta striscia di territorio già di per sé appare insufficiente per garantire il soddisfacimento delle principali esigenze etologiche di ciascun soggetto. E’ anche da considerare che il limite rappresentato dal Corso Casale, arteria di grande scorrimento del traffico urbano, esponeva gli animali ai disturbi tipici del rumore e dell’ inquinamento atmosferico, senza dimenticare di sottolineare che di notte il riposo poteva essere turbato dal passaggio non solo di auto e moto a forte velocità ma anche di ambulanze a sirene spiegate, comprese le pattuglie delle forze dell’ordine. Ma detto ciò e solo per fare qualche esempio grossolano le scimmie di piccola mole erano allocate in un grosso vascone di cemento arredato con qualche tronco secco ma senza rete grigliata di protezione che impedisse al pubblico di buttare cibi di ogni tipo (idonei e no) come dolciumi, pezzi di pizza , rifiuti ecc. Un’altra collocazione in vascone di cemento con un piccolo lago artificiale era quella dell’orso polare che manifestava palesemente disagio comportamentale girando in tondo ossessivamente ondulando mestamente il testone e mordendo o graffiando un copertone di ruota di camion posto come arricchimento ambientale e passatempo stereotipato. E che dire del periodo estivo quando la calura incombe con nubi di smog sulla città con magari 35 gradi o più al sole! I pinguini e le foche non stavano meglio, con spazio ristretto ed un laghetto troppo piccolo per la comunità presente. Anche l’ippopotamo non era collocato al meglio come spazio e come vasca dove immergersi ma senza potersi muovere agevolmente e nuotare. Tutti sanno che quell’animale sta spesso a lungo con le fauci aperte dove il pubblico ed i bambini gettavano “di ogni” fino a quando una bimba gettò una bambola di plastica che provocò un’ostruzione intestinale e causò la morte del soggetto, diagnosticata all’autopsia! Immaginiamo i fabbisogni etologici delle giraffe e dei grossi pachidermi come i rinoceronti o gli elefanti costretti in una striscia profonda poco più di cento metri. I grossi felini racchiusi in gabbie metalliche con profondi sentieri sul terreno segnati dai comportamenti stereotipati dell’andirivieni o pigramente abbandonati in sonni letargici indotti dalla noia. Che dire poi ancora della stabulazione di antilopi o gazzelle in vicinanza alle gabbie di leoni e tigri… dopo un po' di tempo ci si abitua a tutto anche a convivere con i propri predatori! Meno male che c’erano le sbarre di cui quegli ungulati ne avevano imparato l’importanza. Questi e molti altri casi che non riporto per brevità venivano propinati al pubblico e spacciati alle scolaresche come esempi di cultura zoologica e di arricchimento biologico. Le funzioni riconoscibili agli zoo sono la conservazione delle specie in via di estinzione, l’arricchimento della cultura zoologica e biologica, la tutela della biodiversità, la ricerca ecc. non certo la sterile esposizione di animali infelici com’era al Michelotti. Per fortuna nacque un “Comitato cittadino per la chiusura dello zoo di Torino ” nel 1987 per iniziativa di persone sensibili alla tutela del benessere degli animali, costituito da personaggi di spicco della società torinese. Imprenditori, esponenti della cultura, zoofili, filosofi, politici, ed amministratori locali, Professori universitari, Veterinari ecc. che coagularono i loro intenti dopo essersi legalmente costituiti con atto notarile che prevedeva non solo la chiusura della struttura ma la ricollocazione delle diverse specie in migliori condizioni di vita. Il Comitato esordi con dibattiti e proposizioni alla cittadinanza volte ad evidenziare che il solo scopo dello Zoo Michelotti era unicamente un business per la Ditta che affittava dal Comune l’area espositiva. I media di allora, giornali ed emittenti televisive locali intervennero per dare risonanza all’iniziativa e si riuscì a non far rinnovare il contratto d’affitto dell’area comunale con il risultato che la Ditta dovette smantellare lo spettacolo e provvedere alla ricollocazione dei suoi animali in altre sedi con l’ausilio del Comitato stesso e delle Associazioni animaliste di risonanza nazionale .La più parte degli animali trovò collocazioni migliori, pochi altri rimasero in loco a lungo prima di trovare privati od altri Zoo esteri interessati alle diverse specie. Ricordo la difficoltà di organizzare il trasporto della giraffa Romeo fino allo Zoo di Lubiana e quello di una tigre da inviare addirittura in India presso un centro specializzato per la riabilitazione alla vita selvaggia. Non tutta la popolazione torinese condivise la decisione zoofila di chiudere lo spettacolo che veniva offerto a genitori - con poca fantasia e scarso senso critico - la possibilità di ingannare il tempo libero domenicale dei bambini, tanto è vero che, a cancelli chiusi, comparve un cartello con la scritta “Donna Allegra ..bambino triste” ( ndr. Donna Allegra Agnelli era il Presidente del Comitato). I dibattiti sui pro e contro la chiusura della struttura tennero la cresta dell’attenzione giornalistica torinese per molto tempo ma alla fine il rinnovo della concessione comunale non ci fu, lo Zoo fu chiuso definitivamente e nel tempo si avviò la riqualificazione del territorio con la proposizione e la messa in atto di nuovi progetti per restituire il Parco ai cittadini. Molte furono le iniziative intraprese successivamente per la riutilizzazione dell’area ed eccone alcune: Frutto di un’iniziativa nata dalla collaborazione tra l’associazione culturale Border Gate e la cooperativa Agriforest, Border Land offriva il proprio spazio per ospitare e contribuire allo svolgimento di attività associative e di cooperazione. L’ampio spazio all’aperto poteva essere il luogo ideale per l’organizzazione di eventi di ogni genere ma era in particolar modo pensato per accogliere, soprattutto nel periodo estivo, enti ed associazioni alla ricerca del posto giusto dove svolgere in autonomia le proprie attività. I padiglioni che ospitavano gli animali dell'ex zoo di Torino per anni ospitarono la mostra scientifico-interattiva Experimenta. Un progetto nato nel 1985 come iniziativa pilota dell'Assessorato alla Cultura della Regione Piemonte, che aveva come obiettivo la promozione e diffusione della cultura scientifica in modo ludico e coinvolgente. Altre iniziative ancora furono i Murales sulla casa della tigre e non solo, un ponte tibetano, esposizioni di vario tipo, mercatini di libri e molto altro: sempre deludenti e non durevoli. A distanza di 30 anni circa, finalmente l’area è stata restituita ai cittadini, dopo anni di degrado, con aiuole, panchine e nuove luci. Per chi fosse interessato un’ampia bibliografia dei fatti è disponibile negli archivi de “La Stampa”. M.Panichi

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