Torino e la sua Area Metropolitana.Una città Europea, in salute, sicura, facile da vivere, che sappia offrire opportunità di lavoro a tutt@Una città della cultura, ecologica, pensata anche per i tempi degli anziani e delle persone in difficoltà.Città della ricerca, dello sport,con trasporti pubblici finalmente efficienti, servizi sanitari efficaci.Che valorizzi le periferie,laboratorio dell'innovazione green, capitale del cibo di qualità e sicuro e delle energie rinnovabili.
martedì 12 ottobre 2010
Gli impianti a biomasse sono un assurdo da L’Eco del Chisone del 29 settembre 2010
Gli impianti a biomasse sono un assurdo sotto diversi punti di vista. Un assurdo dannoso Gli unici impianti che possono avere una ragione di esistere sono quelli alimentati da scarti vegetali (locali) non altrimenti utilizzabili: sfalci, potature, scarti anzichè diventare rifiuto vengono bruciati ricavandone energia.
Altra cosa è impegnare terreno fertile, in grado di produrre cibo, per far crescere piante da fare successivamente a pezzi per bruciarle, inquinando. Utilizzando oltretutto un processo a scarsa efficienza energetica. Insostenibile se, come succede il più delle volte, alla centrale non viene collegato un teleriscaldamento per sfruttare il calore residuo. Non sostenibile ambientalmente e non conveniente economicamente: al punto che l’unica ragione per cui le centrali sono investimenti interessanti consiste negli “ecoincentivi”. Aiuti statali all’imprenditoria privata che passano inosservati sotto gli occhi dei paladini del libero mercato. Risorse distratte da altri impieghi pi&ugr ave; urgenti. Risorse distribuite spesso con la logica feudale del concedere benefici a pochi vassalli fidati in combutta con politici interessati. Risorse che potrebbero essere distribuite equamente e capillarmente nella collettività: ad esempio con l’aumento degli sgravi fiscali sugli impianti solari al posto della riduzione in corso.
L’articolo che segue fotografa la realtà delle cinture di Torino ( da Marco… )
BIOMASSE: “UNA CENTRALE SOLO PER IL BUSINESS”
di Daniele Arghittu
Gli esperti del comitato Luserna attiva spiegano le ragioni del “no”
I cittadini hanno deposto già 1500 firme - Un problema anche politico
Prima di parlare di argomenti, cominciamo dai numeri: il comitato Luserna attiva, nato per contrastare il progetto di una centrale a biomasse nei pressi del centro di Airali, ha già depositato 1.500 firme di cittadini contrari. E la raccolta continua ancora, con buone possibilità di arrivare a 2.000: sottovalutare queste cifre sarebbe suicida per qualsiasi Amministrazione. «Voi siete stati votati per rappresentare i vostri cittadini - è stato detto a maggioranza ed opposizione al termine di un partecipatissimo incontro promosso dal comitato medesimo, venerdì 24 settembre, all'auditorium del municipio -. E la cittadinanza ha già espresso il proprio parere».Un bel grattacapo per il sindaco Livio Bruera, che deve fare i conti con le richieste (legittime) del gruppo di privati che vogliono impiantare la centrale.Bruera, più volte chiamato in causa, ha ribadito alla fine la necessità di proseguire nelle occasioni di informazione e di confronto, preannunciando un incontro pubblico nella prima decade di ottobre alla presenza di tecnici ed esperti. I tempi sono ristretti, perché i128 ottobre si aprirà la Conferenza dei servizi propedeutica all'autorizzazione della centrale, oggi ipotizzata tra il canale Pralafera e la zona del condominio Vittoria. Una collocazione di ripiego - visto che la prima era in zona considerata esondabile - che non suscita di certo gli entusiasmi di nessuno.Il comitato Luserna attiva - gruppo di cittadini senza colore politico - ha invitato alcuni professionisti a motivare le ragioni del "no". In avvio del dibattito, moderato da Giuseppe Dezzani, uno dei membri del comitato, Michele Bettolino, ingegnere e rifiutologo, esponente di Legambiente dal 1987, ha fotografato la situazione: «Al momento in Piemonte ci sono 320 richieste di autorizzazione per complessivi 180-190 Megawatt elettrici: una cifra che triplicherebbe le presenze attuali».Bettolino ha spiegato le ragioni di quest'impennata di richieste: «Gli impianti a biomasse sono un business, perché sono fortemente incentivati dagli enti pubblici mediante il sistema dei certificati verdi. Nel caso di Lusema S.G., con 6,8 milioni d'investimento iniziale, i proponenti potrebbero, in base ai miei calcoli, guadagnare 24,5 milioni in 15 anni. Soldi provenienti dalle tasche dei contribuenti sulle cui bollette lo Stato trattiene il 7 per cento proprio per finanziare iniziative di questo tipo.
ENERGIA ARCAICA - A detta dell'ingegnere di Legambiente, le biomasse non sono considerate, in altri Paesi, una vera fonte di energia rinnovabile ed ecologica: «Possono portare benefici sull'emissione di anidride carbonica, ma rilasciano quantitativi di ossido d'azoto e di polveri sottili decisamente più alti rispetto al petrolio e al gasolio. Anche la produttività sarebbe limitata: «Si tratta di una fonte arcaica e poco redditizia: lo diventa solo grazie ai contributi pubblici».
La grande discriminante è nella finalità delle centrali a biomasse: se, come ad esempio in Alto Adige, sono indirizzate alla produzione di calore per alimentare il teleriscaldamento, allora anche gli esperti del comitato le ritengono «virtuose. Ma in quel territorio sono quasi tutte sorte per iniziativa e sotto controllo degli enti pubblici, che non si pongono l'obiettivo del business economico. Per fare affari, invece, bisogna produrre energia elettrica. E, per farlo, occorre bruciare il cippato a temperature molto più alte: «Emettendo, in questo caso, polveri più sottili e decisamente più pericolose per la salute», ha sintetizzato il medico Tullio Guazzotti: «Malgrado le centrali a biomasse abbiano un sistema di doppio filtraggio - meccanico ed elettrostatico - esso non può trattenere le parti solide più fini. E le conseguenze, vista anche la conformazione della valle, si rifletterebbero sulla qualità dell'aria dell'intera zona»UN PROBLEMA DI VALLE - Secondo il comitato, dunque, non si tratta di un problema solo lusernese. All'incontro di venerdì sera erano stati invitati i sindaci di tutti i Comuni della valle: ma nessuno dei colleghi di Bruera era presente. Specifico di Luserna S.G. - e in particolare della zona a ridosso della progettata centrale - sarebbe invece il problema del deprezzamento delle case, confermato dagli esperti ("anche se è ancora impossibile da quantificare", ammette il geometra Massimo Romero).In definitiva, sarebbe importante appurare la reale destinazione d'uso della progettata centrale. La Pralafera Energy Farm ha sempre asserito che il core business sarebbe l'alimentazione di una rete di teleriscaldamento (meno impattante sull'ambiente, anche perché potrebbe sostituire impianti più vecchi ed inquinanti alimentati a gas o gasolio). Ma Bertolino ha affermato: «Nel progetto non vedo traccia di questo progetto. A mio modo di vedere si vuole produrre energia elettrica. Il calore sarebbe solo un residuo».Nunzio Sorrentino, esponente di un analogo comitato a None, è andato giù duro: «È già successo che si prometta il teleriscaldamento, ma poi non si realizzi affatto». Poi un consiglio su come agire: «Non puntate sull'inquinamento, le emissioni sono modeste. Dovete invece chiedervi: il privato ha un suo interesse, ma quello del paese qual è? Come società civile avete diritto di chiedere di essere protagonisti della decisione. E il Comune ha un peso fondamentale: dovrebbe essere il vostro paladino». A None, dopo qualche incertezza iniziale, l'Amministrazione si è compattata contro il progetto. A Luserna S.G. ci sono ancora molti distinguo. In seno alla maggioranza ci sono sensibilità diverse e non tutti condividono la prudenza del sindaco Bruera.
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