martedì 5 ottobre 2010

UNA GUERRA SILENTE di Ezio Borghesio: Il ciclista


Rispetto al pedone, per chi va in bicicletta le cose cambiano e, forse, in peggio: infatti, possono essere tranquillamente riprese tutte o quasi le forme di rischio appena trattate, alle quali si devono sommare incrementi di pericolo, derivanti dalla velocità di transito del velocipede. Rispetto ai 2 o 5 chilometri all’ora del pedone, il ciclista ha una velocità minima (di equilibrio) di almeno 4 chilometri all’ora e può raggiungere agevolmente, anche senza particolari “moltipliche”, i 35 o 40 chilometri all’ora. In più il velocipede deve circolare a stretto contatto con tutte le altre fattispecie di veicoli che impegnano legittimamente la strada: l’andare sui marciapiedi, in assenza di demarcazione di pista ciclabile, oltre che vietato, può anche essere pericoloso per i pedoni, oltre che per se stessi. Spesso la bicicletta è usata per recarsi al lavoro o come valida alternativa per raggiungere il centro cittadino e sbrigare qualche acquisto o commissione. Le piste ciclabili, attualmente, sono poco raccordate fra loro e frequentemente può capitare di condividere a bordo delle nostre due ruote lo spazio di strada destinato anche a grossi veicoli commerciali. Per non parlare poi della molto approssimativa manutenzione che l’Ente proprietario della strada adotta, certo non per cattiva volontà, quanto per questioni legate al bilancio della pubblica amministrazione.
Ne deriva che i corpi dei ciclisti vengono sfiorati dalle strutture laterali dei veicoli (anche solo dagli specchietti retrovisori) in transito ed il concorso con il quasi mai perfetto allineamento della traiettoria della bici all’asse della strada, comporta pericolosissimi contatti (è capitato che il ciclista sfiorato dalle strutture laterali anteriori di un grosso autotreno, sia poi stato “risucchiato” nella parte finale del rimorchio ed arrotato fatalmente).
Gli ultimi modelli di velocipedi, poi, si presentano spesso dotati di spartani accessori e mancanti di dispositivi d’illuminazione anteriori e posteriori che rendono le biciclette stesse dei veri e propri “oggetti pericolosi”, soprattutto per il loro padrone-conducente. Si parla di sicurezza passiva e, come per i pedoni, anche in questa classe di utenti, ben difficilmente si vedono per le nostre strade ciclisti dotati di abbigliamento visibile e protettivo (pettorine rifrangenti e casco).
Ma per la bicicletta, per il ciclista, le insidie non finiscono qui: come abbiamo visto, la “velocità commerciale” della bicicletta è più che dignitosa rispetto a quella dei mezzi pubblici e del traffico privato in città. Questo, però, comprende anche altri pericoli, oltre a quelli citati sinora e che ci pare bene ricordare: proprio per la sua maggiore velocità rispetto a quella del pedone e per la ridottissima superficie d’appoggio a terra dei pneumatici, il ciclista può incorrere con minor preavviso su buche e con maggior facilità su rotaie e dislivelli vari che sono tranquillamente in grado di far cadere a terra anche il più esperto. Le strutture stesse delle biciclette (ruote molto spesso sottili e freni di vecchio modello) gettano una seria ipoteca sui principali fattori di autoprotezione di questo mezzo di locomozione umana.
Anche qui, poi, capita che il cittadino che fino ad un momento prima era pedone e che voleva rispetto dagli altri utenti della strada, non appena in sella alla sua bici, sia incurante di sfiorare anziani ed altri “soggetti deboli”, nonché di procedere a velocità assolutamente inadeguate in mezzo a quelle vie destinate a isole pedonali nel centro cittadino e in periferia. Inutile ricordare come una massa di settanta - ottanta chili (uomo più bicicletta) che vada ad impattare contro un pedone, può essere gravemente lesiva per entrambi. Il mondo delle due ruote spinte dalla forza umana comprende tutta una serie di sotto classi di veicoli: senza dimenticare le persone invalide, per le quali ci si augura sia pacifica per tutti ogni più adatta forma di tutela: esistono categorie di utenti-ciclisti maggiormente a rischio e sono rappresentati dai bimbi, dai fanciulli che spensieratamente possono uscire da un cortile, da un passo carraio, da una pertinenza stradale ed essere investiti dal normale flusso di circolazione; ovvero dalle persone anziane, magari con la spesa attaccata al manubrio e con l’andatura incerta, un tantino “zigzagante”: in quanti ci premuniamo di sorpassare con la più adatta distanza di sicurezza … in quanti sappiamo a quanto corrisponde questa distanza?

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