martedì 31 agosto 2010

Dove va la politica italiana di Alfiero Grandi


Il quadro politico è ancora paludoso, incerto. E’ in pieno svolgimento un’azione di avvelenamento senza alcun riguardo per le conseguenze sulle istituzioni e sulla convivenza civile. Un momento le elezioni sembrano inevitabili, un altro più lontane. E’ possibile che la crisi del Governo Berlusconi si trascini più di quanto sarebbe desiderabile.
Unica certezza: la maggioranza parlamentare che sembrava inossidabile dopo il voto del 2008 è oggi in evidente crisi.
Purtroppo l’alternativa politica a questa crisi è in ritardo, attendista, sulla difensiva.
E’ ormai sepolta l’illusione politica dell’autosufficienza del Pd che ha fatto danni incalcolabili. Solo Veltroni sembra perseverare nel diabolico errore. Oggi si parla di nuovo Ulivo. E’ pur sempre un tentativo di riprendere il filo del discorso. E’ evidente che nel Pd è in corso una ricerca di un sistema di alleanze per uscire dal pantano in cui è precipitata l’Italia. Questa ricerca oggi comprende la sinistra, o almeno buona parte di essa, e l’IdV. Il ritardo nella preparazione dell’alternativa politica non è dovuto tanto alle difficoltà che pone la transizione. Anzi se ci fosse chiarezza sulla prospettiva politica di fondo anche i passaggi politici tattici intermedi, perfino le alleanze momentanee per affrontare le convulsioni della crisi, potrebbero essere affrontate.
E’ importante decidere quale schieramento e quale leadership sono necessari per l’alternativa politica, ma non bisogna dimenticare che il secondo “partito” del centro sinistra è formato dagli astenuti, dai delusi che vanno conquistati a rivotare, pena una nuova sconfitta. In questo senso destano interesse e preoccupazione le considerazioni di Asor Rosa che ha il merito di lanciare un grido di allame sulla necessità di dare credibilità allo schieramento alternativo e insieme ha messo in luce che altrimenti esiste il pericolo che si allarghi ulteriormente l’astensione.
Sarebbe un grave errore sottovalutare questo ennesimo grido di allarme, perché porterebbe diritti all’allargamento dell’astensione.
Per combattere l’astensione occorre ridare fiducia alla possibilità di cambiare.
Un’operazione di questa portata non può essere ridotta solo alla ricerca di una leadership, per quanto possa essere importante. Certo, preparare un’alternativa è anche fare questa scelta, ma richiede anche molto di più per arrivare a costruire un profilo nitido e chiaro dello schieramento alternativo, tale da offrire speranze credibili ai molteplici versanti di cittadini che prima o poi verranno chiamati a votare.
Per questo è curioso che, dopo una discussione che ha attribuito molte responsabilità - non sempre a ragione - della crisi del 2° Governo Prodi ad un programma considerato troppo ampio e generico, oggi non ci sia ancora una discussione degna di questo nome sulle poche, importanti scelte che dovrebbero caratterizzare la coalizione che avrà prima o poi il compito di sconfiggere la destra.
Si può parlare di programma, di obiettivi, di impegni. Ciò che conta è che il focus sia su questa lunghezza d’onda.
Deve essere chiaro cosa si vuole fare di diverso dalla destra al Governo. Sarebbe un errore pensare che prima si sceglie la leadership poi il programma. Il programma deve avere la leadership più coerente, ma non è detto che ci sia una sola soluzione.

Naturalmente i possibili candidati cercheranno di dimostrare di essere l’incarnazione migliore per realizzare questi obiettivi e a quel punto la contesa può essere utile. Non ha importanza chi e dove inizia questo lavoro sul programma del futuro Governo. Importa che si inizi, e presto. Siamo già in grave ritardo.
Tanti possono contribuire su aspetti più o meno ampi e importanti. Attendere è un errore.
Un primo contributo può essere concentrare l’attenzione sulla questione fiscale, che è certamente un punto chiave del futuro. Non a caso è all’origine di tante rivoluzioni in passato. E’ un presupposto del patto di cittadinanza. Provo ad avviare la rilfessione su questo punto.
La chiave deve essere l’equità nel prelievo, oggi squilibrato a favore dei più ricchi, e nella conseguente redistribuzione delle risorse a favore del lavoro e dei redditi bassi.
1)Con il preannuncio che la tassazione dei redditi provenienti dagli affitti sarà al 20% la destra ha completato la realizzazione della più grande ingiustizia italiana: il prelievo fiscale che ora favorisce ancora di più i più ricchi.
Le rendite finanziarie pagano il 12,5 % di imposte, le imprese pagano il 28 % sui profitti, solo il lavoro dipendente e le imprese individuali hanno un’imposizione con aliquote che possono arrivare fino al 43 %. In altre parole solo il lavoro paga l’Irpef (imposizione diretta) mentre le tassazioni sostitutive dell’Irpef sono molto inferiori e oggi si aggiunge il favore ai proprietari di case da dare in affitto.
Perché i redditi debbono avere diverse modalità di prelievo ? Non è più solo questione di tassare le rendite ad un livello più equo di quello attuale, come è giusto, ma di tassare tutti i redditi, da qualunque fonte provengano, con le stesse regole e modalità. Quindi l’obiettivo è di avere lo stesso sistema di tassazione per tutti i redditi, con tappe intermedie di avvicinamento, come la nota proposta di tassare le rendite finanziarie al 20 %.
2)Ritorna la proposta, sorprendentemente anche da una fonte sindacale, di aumentare il prelievo sui consumi e quantaltro per diminuirlo sui redditi. In realtà tassare i redditi o i consumi non è la stessa cosa.
Tassare di più i consumi è una classica proposta della destra, che ha sempre ignorato che malgrado le grandi differenze di reddito la grande maggioranza dei consumatori è composta dai redditi medio-bassi che sarebbero i primi a subire l’aggravio. Nella migliore delle ipotesi sarebbe una partita di giro. In realtà una tassazione spostata sui consumi finirebbe con il gravare di più proprio sui redditi medio-bassi sia pure con modalità meno percepibili, nascoste alla maggioranza dei cittadini. Inoltre l’aumento della tassazione indiretta come Iva, ecc. avrebbe il risultato immediato di aumentare i prezzi, che già dimostrano qualche segnale preoccupante.
3)Patrimoniale, successioni, ecc. fanno parte di una classica discussione sulla tassazione. Tassare chi ha di più, tanto più in una fase di crisi come oggi, è un modo per recuperare risorse sia per aiutare la ripresa che per sostenere le aree sociali più deboli.
La lotta all’evasione, condotta con coerenza ed equità, è un’altra importante fonte di risorse per realizzare questi obiettivi. Il Governo Berlusconi prima ha dato il messaggio del “tana libera tutti” con lo scudo fiscale per i capitali illegalmente portati all’estero e con lo smantellamento delle norme create dal centro sinistra, ora all’opposto approva misure che in qualche caso rasentano l’incostituzionalità come rendere esecutivi i decreti ingiuntivi prima del termine del primo grado di giudizio.
4)Il cosiddetto federalismo nella migliore delle ipotesi è una truffa ai danni di Regioni ed Enti locali, ma in realtà diventa il cavallo di troia per fare passare un meccanismo di costi fissi al posto dell’impegno a garantire i diritti previsti dalla Costituzione, a partire dalla salute, dall’assistenza. Chi non ci riuscirà si arrangi. Attenzione: sono in gioco diritti fondamentali dei cittadini. Se viene distrutto il principio che ci sono diritti indisonibili e ognuno si arrangia il risultato può essere devastante, con l’abbandono a sé stesse di intere aree del Mezzogiorno.
5) C’è poi il capitolo della tassazione di livello europeo, per armonizzare i sistemi di prelievo o almeno per evitare la concorrenza intraeuropea, e internazionale, come la Tobin tax, che è tutto da aprire.
Rifondare il patto fiscale richiede misure di fondo. Nessun massimalismo, si può procedere con gradualità e tenendo conto dei legami economici internazionali. Ciò che conta è sapere dove si vuole arrivare, diminuendo il prelievo sui redditi più bassi, aiutando chi ha un carico familiare e perfino aiutandolo ad averlo. A questo proposito c’è una leggenda metropolitana riguardante il cosiddetto quoziente familiare. E’ una misura che in realtà aumenta le disuguaglianze perché favorisce i reddditi più alti e per di più discrimina il 2° coniuge che lavora. Un discorso è stabilire un’adeguata detrazione per carichi familiari legata al reddito, altro è stabilire un meccanismo che premia i redditi più alti.
Sono solo alcuni appunti e tuttavia la questione fiscale è il primo dei pilastri per avere equità a partire dal prelievo e base per una nuova politica economica, con l’obiettivo di ridurre la forbice sociale e sostenere le aree sociali più deboli e la ripresa qualificata dell’economia italiana.

Alfiero Grandi

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