sabato 12 dicembre 2009

UN'ALTRA ITALIA E’ POSSIBILE


Appello del Gruppo delle Cinque Terre

1 L’Italia vive l’anomalia di un nuovo Medioevo.
Più che in altri paesi, è visibile in Italia l’emergenza ecologica, il degrado sociale e la crisi di fondamentali valori etici; permangono aree vaste di ignoranza, incapacità, ingiustizia. Meno facilmente che altri paesi, l’Italia quindi può affrontare la conversione ecologica delle attività economiche, il risanamento ambientale e morale del paese, la partecipazione diretta delle persone alla attività sociale ed una effettiva realizzazione di una sana cultura dei diritti e dei doveri che dovrebbero regolare ed ispirare la vita sociale collettiva.

2 Sia in Europa che nel resto del pianeta, vi è una tripla crisi :a) economica e finanziaria (causata da un modello di crescita superato) b) ambientale conseguente, c) socio-culturale. Tre grandi crisi che non trovano più risposte adeguate dal sistema della politica: non dai partiti socialdemocratici in crisi dappertutto e neppure dall’egoismo sociale e dall’indifferenza ambientale dei vari partiti conservatori.
Solo un modello sociale e produttivo eco-orientato ed eco-sostenibile, che all’idea di una crescita senza limiti sostituisca un idea di sobrietà, che non escluda anche l’utilità di avere aree di decrescita virtuosa e felice, può essere in grado di affrontare le difficoltà del presente.

3 Però si sta affermando sia in Europa che altrove una nuova cultura trasversale, al di sopra dei tradizionali schieramenti politici, che rivendica il diritto-dovere ad una relazione armonica tra uomo e natura, tra esseri umani, tra uomo e donna, e all’interno dell’uomo tra vita e coscienza.
Un numero progressivamente crescente di uomini e donne del pianeta si riconosce in una condivisione ed alleanza di valori, di pratiche e attività per l’affermazione di ciò che si riconosce come valido e irrinunciabile per garantire la propria sopravvivenza e la propria felicità.

Questo movimento è la forza determinante che sta alla base della vittoria di Obama negli USA, spinge ed alimenta la rivoluzione della Green Economy, permette l’ affermazione di formazioni tendenzialmente trasversali come Europe Ecologie in Francia, anima la moltitudine di movimenti culturali sociali e politici attivi su temi specifici e vive nello sforzo quotidiano di ognuno per una vita felice.
E’ l’antidoto, unico oggi, all’intossicazione della politica e all’avvelenamento del pianeta, della società e delle coscienze; ha abbandonato le ideologie del secolo scorso e si sta diffondendo dappertutto.
I movimenti ambientalisti, i movimenti dei diritti civili, i movimenti di giustizia sociale, i movimenti di autonomia culturale si stanno intrecciando e tendono ad ampliare quel minimo denominatore comune che li rende vicini gli uni agli altri.
Il termine ecologisti è al momento il più idoneo a rappresentare questa varietà di esperienze, che vanno oltre lo storico ambientalismo e che hanno però un minimo comune denominatore.

4 In Italia stiamo invece assistendo ancora ad una semplificazione culturale che rende simili ed al contempo pessime le diverse aree politiche, tutte globalmente incapaci di affrontare le crisi del nuovo tempo: si tratta di una crisi globale del sistema e di esaurimento delle culture che lo hanno ispirato e formato.
Non è possibile affrontare e risolvere l’anomalia italiana senza alcune riforme prioritarie che rendano possibile:

a) un nuovo Mercato del lavoro, un Welfare e una fiscalità basati su equità e trasparenza.
b) una Giustizia efficace ed efficiente che garantisca tutti e non discrimini nessuno.
c) il ridimensionamento della Casta e dei suoi costi, la riforma dell’amministrazione pubblica
(con la riduzione dei centri decisionali di spesa) e la liberazione
dell’informazione dal sistema partitico invece delle attuali spartizioni e lottizzazioni.
d) una guerra aperta e totale alla Corruzione e alle Mafie e insieme la difesa e la realizzazione
dei valori costituzionali.
e) Il recupero della legalità e la realizzazione dello stato di diritto sono la precondizione per
l’altra grande trasformazione urgente e necessaria: la conversione ecologica dell’economia
e della società, la trasformazione delle fonti energetiche e l’adeguamento eco-orientato
dello Stato.

Insieme vanno proposte alcune radicali innovazioni nella direzione di una società eco-orientata:

a) un programma nazionale per la mobilità nelle città che preveda di andare verso la gratuità dei trasporti pubblici, nuovi piccoli mezzi privati non inquinanti (risciò), sviluppo di metrò sotterranei estesi in tutte le città medio-grandi

b) norme radicali che prevedano solo edificazioni ecoprogettate, fornite di area esterna adeguata ed area di coltivazione famigliare, posti auto solo sotterranei (numero predeternminato) . Grattacieli solo in sostituzione quando è il caso, di edificazioni orizzontali, che vanno sostituite da verde urbano.






c) sostituzione dei grandi progetti inutili (Tav, Ponte di Messina,..) con grandi progetti ecocompatibili e necessari (efficienza e modernizzazione ferroviaria,antisismica, edilizia scolastica, estensione banda larga..)
d) nuove forme di educazione sanitaria, sessuale, civica, nelle scuole di ogni ordine e grado


5 La crisi della sinistra è a tutti evidente: ininfluente quando governa, divisa comunque in vari
frammenti invece che unita in un unico partito; perfino nelle sue forme più moderate è incapace di aggregare forze ed anzi contribuisce alla prevalente autodistruzione.

La crisi della destra è pari a quella della sinistra e si manifesta nella illusione della politica della forza, nella cecità rispetto i diversi problemi e nel suo affidarsi a figure carismatiche ed alla esaltazione di paure e insicurezza.
Entrambi gli schieramenti politici, sia la destra che la sinistra, non esprimono più i propri valori originari e sono ridotti a testimoni privi di anima, irresponsabili o complici del disfacimento attuale,che sopravvivono come pure cordate di potere a livello nazionale e locale

Allo stesso tempo ne i movimenti di protesta ne i partiti-scatoloni malati di populismo riescono ad esprimere strategie e riferimenti culturali concreti e stabili nel tempo.
L’egocentrismo e l’arroccamento di ognuno su linguaggi, convincimenti e preclusioni personali mantengono la frammentazione culturale, sociale e politica e producono la vanificazione di ogni speranza di cambiamento.

6 Noi sosteniamo che è necessario un ecologismo politico di nuovo tipo, estraneo a schemi destra-sinistra, più radicale e meno istituzionale, non estremista, con una vocazione aggregante e maggioritaria, con una forte accentuazione del federalismo e del radicamento sociale, con la riscoperta di lotte e azioni esemplari ed insieme ad una ripresa del dibattito culturale e dell’analisi scientifica dei problemi e delle soluzioni. Per condurre una contestazione sistematica delle attività economiche dannose, dei comportamenti istituzionali fraudolenti e di tutte le forme delinquenziali di illegalità.

7 Il percorso, le tappe, le strutture per la rigenerazione, rifondazione, riunificazione di tutti gli ecologisti e dei tanti altri che si collocano con disagio nel campo riformista e in quello della tutela sociale, richiedono la costruzione di un fronte ampio, costituito da persone di diverse provenienze, ma anche da energie nuove e fresche all’impegno politico.
Occorre che si imponga un processo di solve et coagula per far decollare un nuovo movimento politico che innovi la forma di partito dotandola di base sociale e radicamento nei valori e nelle necessità dei vari territori.
Necessita la convergenza di una moltitudine di persone e gruppi che sulla base di denominatori comuni sappiano condividere linguaggi ed esperienze diverse rendendo possibile anche un recupero della memoria di decenni di impegno. Occorre operare nei vari settori per rigenerare, rifondare e riunire, un compito politico, culturale, di comunicazione.

8 Gli Ecologisti devono recuperare nel proprio nuovo progetto, la vocazione fallita del riformismo moderato e le aspettative sociali degli strati deboli e marginalizzati dalla crisi (che erano una volta il terreno della sinistra); un progetto quindi di ecologismo politico riformatore e sociale, ma, come indicano anche altre esperienze europee (dalla Francia alla Germania ad altre), possibile solo se costruito su un solido cuore ecologista.

I nuovi ecologisti devono quindi candidarsi alla centralità politica per la rinascita del paese per costruire e promuovere una sana cultura della sobrietà e dell’onestà, della salute e della convivenza civile. L’aggregazione di questa area deve rivolgersi a tutti senza discriminare a priori nessuno.

9 Crediamo che le basi fondanti di un nuovo movimento politico e culturale siano:
1) Il Federalismo su base regionale, con nuove regole improntate all’autonomia, al decentramento ed alla partecipazione orizzontale di tutti i soggetti.
2) La triplice possibilità di federazione delle persone nel territorio (I), di movimenti e gruppi politici e culturali(II) e di realtà economiche sostenibili ed eco-orientate (III)
3) Una radicale critica al finanziamento pubblico dei partiti ed il liberarsi gradualmente da esso attraverso nuove strutture e pratiche di autofinanziamento.

10 Il nuovo movimento politico-culturale deve estendersi con la creazione di Centri polivalenti radicati e diffusi nel territorio come HUB, e Innovation Center, punti di incontro di attività di ricerca, culturali, sociali, economiche e politiche, casa delle associazioni e dei movimenti, luogo di interazione delle realtà del territorio e fattore di presenza attiva nel tessuto socio-culturale del paese.

11 Suo strumento portante deve essere un uso innovativo della Rete con la costruzione di portali







nazionali e regionali multifunzione tramite i quali informarsi, aderire e partecipare anche direttamente ai processi decisionali

12 Chiediamo l’avvio immediato di questo processo alle tante forze che ne possono e vogliono fare parte e in particolare:
1) A tutti gli ecologisti ed in particolare ai verdi che nel loro ultimo congresso hanno scelto, in maggioranza, di avviare il proprio superamento nella direzione di una nuova fase costituente che porti alla costruzione di una casa comune di tutti gli ecologisti.
2) ai partecipanti dei Meetup, i gruppi civici 5 stelle promossi da Beppe Grillo ed a Grillo stesso, che hanno sviluppato una straordinaria denuncia della degenerazione del sistema politico-sociale e riconoscono la necessità di una società eco-orientata.

3) A tutti i vari gruppi presenti in varie zone del paese come Per il Bene Comune, il movimento per la decrescita e gli altri che hanno sempre denunciato sia il degrado del territorio che le degenerazioni della Casta .

4) al Movimento Stop al consumo del territorio che nell’ultimo anno ha promosso numerose azioni e denuncie contro la distruzione del territorio ed esaltato i risultati di Amministratori e Comuni “virtuosi” che mostrano la possibilità di una diversa funzione degli Enti locali nella gestione delle proprie comunità.

5) a quella parte viva di uomini e donne ancora impegnate nei partiti tradizionali come il PD i vari gruppi della sinistra o l’ Italia dei Valori, ed anche in altre forze politiche, ma che sentono disattese le proprie istanze democratiche, riformatrici ed ecologiche in una pratica politica e burocratica non soddisfacente ai fini di una reale trasformazione.

6) al mondo della Rete, i centinaia di Blog e siti web che contribuiscono alla informazione ed alla diffusione della iniziativa e della cultura ecologista e democratica sulla Rete.

7) alle associazioni ambientaliste, animaliste, di consumatori e alle tante associazioni di ambito locali o nazionali, impegnate nel volontariato sia sociale che culturale, che necessitano di un nuovo grande movimento che ne esalti obiettivi, proposte e iniziative.

8) Agli imprenditori ed ai lavoratori delle attività oneste e delle attività ecologiche ed equosolidali spesso soffocati dalle logiche corruttive in cui impegno, capacità e merito sono vanificate.

9) Ai settori delle buone pratiche, i singoli ed i gruppi attivi nel campo del biologico, delle medicine naturali, del consumo critico, del benessere e delle discipline olistiche.

10) alla moltitudine di persone che si sentono cittadini del Pianeta, che auspicano, sognano e richiedono un’ Italia migliore, che scelgono in base a sentimenti e mature responsabilità invece che a convenienze contingenti; a uomini e donne desiderosi di vivere in un paese più moderno e giusto, senza corruzione, inquinamento e ingiustizie, un paese che garantisca il diritto e la possibilità di una vita più dignitosa e felice.

P.S. I promotori di questo appello, riunitisi nel Gruppo delle Cinque Terre, preoccupati della frammentazione politica ed organizzativa dell’ecologismo italiano, sollecitano tutti i potenziali protagonisti di questo processo di cambiamento ad impegnarsi nei prossimi mesi, per avviare una nuova fase più positiva iniziando direttamente a costruire un'altra Italia possibile. Non l’ennesima alleanza o cartello elettorale ne un nuovo partitino ma i primi passi di un nuovo autentico processo costituente e rinnovatore.

Chiediamo a tutti l’adesione a questo appello indicando il proprio Cognome, Nome, Regione, ( città, indirizzo, email eventuali resteranno riservate). Le adesioni verranno raccolte attraverso i blog e i siti che si renderanno disponibili a sostenere questo appello, poi attraverso il portale del GCT di imminente apertura
Chiediamo anche un contributo economico affinché questo appello e le adesioni raccolte possano essere pubblicate e pubblicizzate fra un mese sui diversi organi di informazione nazionali.

Il Gruppo delle Cinque Terre continuerà ad operare per favorire il processo di aggregazione di tutti gli ecologisti italiani e per la costruzione di un'altra Italia possibile.

www.gruppocinqueterre.it www.ecologisti.info

mercoledì 9 dicembre 2009

Italiani sempre più attenti all’ambiente: tre su quattro scelgono contenitori riciclati


Italiani sempre più attenti e consapevoli in tema di riciclo dei rifiuti, con il 71% della popolazione, in pratica due italiani su tre, che afferma di fare regolarmente la raccolta differenziata. In un contesto in cui sempre più le aziende, i cittadini, le istituzioni sono impegnate per una concreta realizzazione dello sviluppo sostenibile, è questo il quadro che emerge dai risultati della ricerca “Gli italiani e i materiali riciclati” presentata nei giorni scorsi nell’ambito del convegno “Alimentare il riciclo” organizzato da Assobibe e Mineracqua, con l’adesione di Conai e Aiipa a Roma.
Analizzando l’atteggiamento verso il settore specifico del riciclo del Pet, il 73% della popolazione, ovvero tre italiani su quattro, preferirebbe acquistare bevande in bottiglie di plastica riciclata. I consumatori, infatti, non sembrano avere dubbi sui vantaggi e sulle qualità di questi contenitori. Le bottiglie in Pet riciclato vengono infatti percepite come resistenti dal 76% della popolazione, igieniche dal 68% , mentre il 62% dà la priorità alle caratteristiche di sostenibilità del prodotto.
Ed è proprio l’igiene la caratteristica più motivante al momento di dover scegliere il prodotto (l’84% di chi pensa che siano igieniche propende all’acquisto), seguita da sostenibilità (83%) e resistenza (78%). Si evidenzia inoltre che oltre il 50% di chi pensa che non siano igieniche, resistenti o ecologiche propende comunque per l’acquisto.
Fra i diversi tipi di benefici attesi dal riciclo del Pet, il 90% ritiene siano soprattutto di tipo ambientale, l’89% crede possano essere di natura economica e l’82% di tipo sociale. Complessivamente, il 57% della popolazione pensa che i benefici di questa pratica siano superiori ai costi, a fronte di un 23% che è convinto del contrario e un 20% che non ha un’opinione in merito.
Un focus particolare della ricerca viene dedicato al riciclo come modalità di gestione dei rifiuti da imballaggi (il 70% proviene dal comparto alimentare) e sulla base del regolamento CE 282/2008 anche in Italia verrà introdotto l’uso del Pet riciclato nel settore alimentare. Una pratica che comporterebbe una serie di vantaggi economici e ambientali, in linea con la sensibilità del consumatore italiano. Oltre ai benefici del riciclo di materiale, ogni chilogrammo di Pet, secondo la ricerca, permette di risparmiare 1,7 kg di petrolio equivalente con emissioni di CO2 pari a circa il 60% in meno rispetto al Pet vergine derivato dal petrolio.
COORDINAMENTO AMBIENTALISTA RIFIUTI PIEMONTE

Segreteria presso Pro Natura Torino, via Pastrengo 13 – 10128 Torino

Tel. 011/5096618 – Fax 011/503155 – e-mail: pronto@arpnet.it

sabato 5 dicembre 2009

TorinoViva, buona la prima di Michela Damasco



Buon successo di pubblico per la presentazione del movimento culturale e politico TorinoViva, che si è svolta lo scorso 25 novembre. La sala del cinema King Kong, in via Po 21, era piena di persone di tutte le età, che hanno ascoltato proposte e idee dei fondatori e partecipato attivamente al dibattito che ne è seguito.
Con l’obiettivo di ascoltare davvero i problemi della città e dei cittadini e offrire soluzioni concrete, perché oggi l’apparato politico pare basarsi su un sistema etico in cui spesso i problemi più gravi sono assenti, i soci fondatori del movimento e i membri del direttivo hanno esposto le loro considerazioni alla platea, focalizzando l’attenzione su alcuni aspetti anche legati alle loro diverse professionalità.Ha aperto la presentazione-dibattito Emanuela Rampi, funzionario della Regione Piemonte presso il settore Affari internazionali, che ha fondato TorinoViva assieme a Giorgio Diaferia, presidente dell’Associazione: «Le scelte per la nostra città non sempre ci appartengono e spesso le sentiamo non dico “aliene”, ma “lontane”, e non sempre di buon senso. È vero che eleggiamo persone nelle istituzioni perché ci rappresentino, ma è altrettanto vero che in questi ultimi anni abbiamo delegato troppo, e io personalmente sento un po’ di scollamento tra chi amministra e noi cittadini. Vivere la città è anche partecipare alle scelte che per questa vengono fatte». Ricordando i capisaldi di TorinoViva, rappresentati da due “E”, Ecologia della vita e Etica della politica, la Rampi ha parlato di una serie di problemi a Torino, legati sia alle scelte fatte, sia a quelle da fare. Introduzione calzante a un video proiettato in sala, girato per le strade della città, dove viene dato spazio ai cittadini, ai problemi che vivono quotidianamente e alle soluzioni che propongono.L’incontro è poi proseguito con l’intervento dei membri del direttivo, che a turno si sono presentanti e hanno affrontato questioni differenti. Luisella Zanino, pediatra e omeopata, ha parlato della necessità di misurare anche il Fil, oltre al Pil, cioè la Felicità Interna Lorda, perché «l’80% delle malattie deriva dallo stress, a causa di un ambiente ostile», e ci occupiamo troppo poco di questo aspetto, così come dei bambini, che non hanno spazi per la socialità, mentre si dovrebbe pensare a scuole ecocompatibili e spazi di condivisione.
Bernardo Ruggeri, docente al Politecnico ed ex presidente dell’Amiat, si è concentrato sulle questioni carattere ambientale, ricordando il dramma di Basse di Stura: «La discarica doveva chiudere nel 2001. Per chi fa politica le parole date devono avere un senso e un peso. Dobbiamo lavorare per l’oggi guardando al domani, dando una spinta sulla vicenda della raccolta differenziata e su un sistema di uso e riciclaggio industriale dei rifiuti».Ennio Cadum, epidemiologo dell’Arpa, che conosce molto bene la città per via dei suoi studi e ha analizzato i problemi di salute di vaste fasce della popolazione, non solo ha affrontato i problemi dell’inquinamento, ma anche il tema del razzismo: «Il punto è che certe dichiarazioni fatte in modo indegno sono indice di un basso livello culturale e purtroppo sono molto comuni».Razzismo da una parte e spesso incapacità, da parte delle Forze dell’ordine, di trattare gli stranieri che entrano in Italia per sopravvivere e lavorare da quelli che arrivano per delinquere. Ezio Borghesio conosce bene ciò di cui parla, dato che è Vigile urbano, ora distaccato al Tribunale dei Minori, e per anni ha vissuto in Corso Giulio Cesare, piena Porta Palazzo: ha raccontato la sua esperienza negativa, e non per la presenza di molti extracomunitari: «Siamo l’unico Stato al mondo con sette divise che fanno lo stesso lavoro e non collaborano: chi indossa la divisa ha colpa perché non capisce la differenza tra gli stranieri che arrivano qui. Un moderno amministratore di una grande città deve voler ogni giorno puntare al bene della sua gente, dei suoi bimbi e dei suoi anziani, attraverso la tutela dell’ambiente e la sicurezza delle nostre strade».Prima di passare a domande e considerazioni dei presenti in sala, ha preso la parola il presidente e fondatore dell’Associazione, Giorgio Diaferia, medico di famiglia, fisiatra e agopuntore, docente universitario, giornalista e conduttore in tv locali: «TorinoViva non nasce per fare l’elenco delle cose che non vanno in città: in quello sono capaci tutti. Il nostro vuole essere un movimento che ascolti e cerchi di risolvere i problemi della nostra città, che è bella, anche se certe spese dovrebbero essere fatte in altro modo, per aiutare tutti, a cominciare dai giovani». Il senso del video proiettato in avvio di presentazione era proprio questo: «La gente mi chiedeva se poteva esprimere il suo punto di vista, perché fondamentale ascoltarla: le persone non ne possono più, ormai pensano che sia impossibile parlare, sono sfiduciati, non credono più né nei politici di destra, né di sinistra». In un contesto del genere, l’obiettivo di TorinoViva suona tanto “normale”, quanto impegnativo, visto il contesto in cui s’inserisce: «Cerchiamo di ascoltare la gente e di trovare soluzioni con le risorse a disposizione, utilizzando però una scala di priorità diversa: non per il tornaconto personale di alcuni, ma per il bene di tutti». Proprio come fa un medico di famiglia, che «deve ascoltare e risolvere il più possibile i problemi dei propri pazienti». Il punto di partenza di TorinoViva sono le difficoltà pratiche, quotidiane, dei cittadini, che riguardano ambiente, salute, qualità della vita seguendo modelli di sostenibilità ambientale ed economica, sicurezza delle strade, sviluppo collettivo, oltre a un’etica della politica per cui i piedi devono stare per terra, ancorati alle problematiche del territorio e alle questioni che preoccupano i cittadini.Ecco perché, in un momento storico in cui la disaffezione per i partiti e la perdita di fiducia caratterizzano sempre più persone, questo nuovo movimento si presenta come cantiere aperto a tutti, per scrivere un programma insieme e poi passare a una proposta politica concreta. Qualche idea TorinoViva ce l’ha già, come ad esempio i Vigili di colore che, come ha spiegato Diaferia, «forse potrebbero aiutare a capire meglio le problematiche degli stranieri che si trasferiscono a Torino».
Adesso è il momento delle idee dei cittadini che, a giudicare dalla buona risposta del pubblico e dagli spunti interessanti che sono emersi fin dal primo incontro, non mancano. Le buone premesse, insomma, sembrano esserci tutte.

Per info presidenza@torinoviva.it

lunedì 30 novembre 2009

350 ppm di CO2 di Bernardo Ruggeri



Ci siamo, l’appuntamento di Copenhagen è arrivato. Dal 7 al 18 dicembre si svolgerà la 15a (!!) riunione delle parti contraenti della Convenzione sui Cambiamenti Climatici COP 15. Una scadenza che è stata vissuta con ansia a livello mondiale per la grande importanza che si attribuisce alla “seconda” fase della strategia internazionale per ridurre le emissioni di gas serra. La prima fase, iniziata nel 2005 con l’entrata in vigore del Protocollo di Kyoto, è stata contraddistinta da una serie di limiti che ne hanno ridotto il già scarso livello di ambizione, per non parlare dei risultati, in pratica vicino allo zero. La seconda fase, vista da tutti quelli che hanno a cuore la sopravvivenza della specie umana su questo Pianeta, è considerata il banco di prova su cui costruire un impegno serio e concreto, ma è ormai certo nessun vincolo ambientale uscirà da Copenaghen. Come tanti temevano e prevedevano, sarà l’ennesimo nulla di fatto: ognuno con i propri interessi …e del riscaldamento della terra chi se ne…
Il Protocollo è stato spesso trascinato sul banco degli imputati da parte di chi preferirebbe poter continuare a fare i propri comodi. La mancata ratifica degli USA e l’assenza di obiettivi di riduzione a Cina e India, ha offerto il fianco a quanti non credono nel processo avviato. Ancora una volta dobbiamo constatare che l’economia ha fallito, infatti il Protocollo di Kyoto rappresentava con il suo meccanismo di “cap and trade” la speranza di poter far entrare in una dinamica costi-prezzi le questioni ambientali. Nonostante le tante parole di impegno spese dalle massime cariche istituzionali di singoli Paesi e di organismi internazionali, gli ostacoli all’accordo sono ancora molti. Queste tare, unite ad altri ostacoli negoziali, pesano non poco sul futuro accordo; è molto probabile che a Copenhagen non verrà decisa nessuna limitazione sulle emissioni di ossido di carbonio né tantomeno le famose sanzioni verso chi non ottempererà (a cosa ?). L’ Europa continua a crederci al piano 20/20/20 al 2020, ma le sue dinamiche riflessive interne, di cui il nostro Paese insieme alla Repubblica Ceca ne sono forti animatori, stanno minando la portata anche culturale (diciamo) degli obiettivi. Nella capitale danese ci sarà l’ennesimo inutile programma fatto di intenzioni, belle parole e tanta ipocrisia una vetrina mediatica con un seguito di attori e comparse (quanto costa in termini di CO2 la COP 15 ?) che rimanderà ad un successivo inutile appuntamento ad un anno data; ritorna in mente la storia di Achille e la tartaruga imparata sui banchi di scuola. Gli USA: hanno uno dei più bassi livelli di efficienza energetica ma alte potenzialità di fonti rinnovabili ed una solida struttura di ricerca scientifica, ciò nonostante il Senato di quel paese sta discutendo una legge che prevede una riduzione del 17% rispetto al 2005, ma solo del 4% rispetto al 1990: un’aspirina nei confronti di un malato grave; in altre parole un mix di proclami, aspettative deluse e interessi diversi, portano agli stessi risultati con presidenti diversi. E l’Italia (?) Il nostro paese? Paradossalmente deve dire grazie alla crisi: le prime stime sulle emissioni di CO2 del 2008 registrano un più 4,7% rispetto al 1990, nel 2007 eravamo ad oltre +11%; considerando poi che i consumi energetici nei primi 6 mesi del 2009 sono diminuiti del 10-12 % rispetto allo stesso periodo dell’anno precedente, è evidente che a fine anno registreremo un segno meno rispetto alle emissioni del’90: paradossalmente considerando che per il conteggio di Kyoto si calcola la media delle emissioni nel periodo 2008-2012, potremmo risultare anche virtuosi: la decrescita infelice, preannuncio di un nuovo colonialismo al contrario. E’ vero che uno starnuto in Cina diventa un uragano per noi, ma tantè che le rinnovabili in quel paese stanno facendo passi da gigante. Prima importatori di celle fotovoltaiche ora esportatori e leader mondiale nel settore. Ma ciò che sorprende è il numero delle installazioni esistenti e future: si prevede una potenza installata pari a 1.000 MW al 2011 grazie ad una oculata politica di incentivi fiscali sul costo di installazione (circa il 50%) e non sull’energia prodotta come da noi. E gli obiettivi al 2020 sono molto ambiziosi: 10 GW per il fotovoltaico e 100 GW per l’eolico, ambiziosi per noi ma raggiungibilissimi per loro. Sono impressionanti le dimensioni delle mega fattorie del vento programmate la più grande del mondo: 10 GW è in costruzione a Jiuquan nella provincia di Gansu. E l’industria del settore cresce a ritmi vertiginosi: nel 2004 il 75% degli aero generatori era di importazione, ora importano poco più del 15 %. La Cina ha deciso di indirizzare 221 Miliardi di $ dei sui 586 nel 2009 di stimolo per uscire dalla crisi verso il risparmio energetico e le energie alternative e ciò vorrà pure significare qualche cosa, cioè la nuova richiesta energetica per lo sviluppo del Paese la coprono (in massima parte) con le energie alternative.Alla fine di tutto non c’è da stare allegri, la situazione non è tranquillizzante: visti i presupposti è probabile che nel corso del secolo si registreranno aumenti delle temperature del Pianeta, superiori di 2,5-3,0 °C rispetto alla media dei secoli passati. Questo è una follia, come ci ricorda il 4° rapporto dell IPCC, pertanto c’è chi propone l’obbiettivo di non superare la soglia di 350 parti per milione (ppm) della concentrazione in atmosfera dell’anidride carbonica, un valore cioè inferiore all’attuale concentrazione di 390 ppm. La posizione non è sostenuta dall’ultimo arrivato, ma da James Hansen, direttore del Goddard Institute for Space Studies, lo scienziato che nel 1988, con largo anticipo, aveva sostenuto di fronte al Congresso americano di essere sicuro al 99% che si era in presenza di un riscaldamento del Pianeta; naturalmente non fu preso sul serio. La posizione va crescendo nel mondo, a parte l’adesione di Al Gore al movimento 350, il 24 ottobre scorso, in ben 181 paesi (tra cui anche il nostro) sono stati organizzati 5200 eventi per ricordare ai decisori politici che 350 è il limite oltre il quale la specie umana è a rischio e questo valore lo abbiamo già superato.
( per informazioni www.350.com ).
Bernardo Ruggeri

sabato 28 novembre 2009

25 Novembre 2009 "nasce TorinoViva" un successo di pubblico



Voglio personalmente ringraziare tutte le amiche e gli amici che sono intervenuti a vario titolo alla presentazione del nostro Movimento culturale e politico.
Eravamo più di 100 presenti con oltre 20 messaggi di solidarietà da persone che non erano potute intervenire per motivi vari.
Grazie di cuore a tutti. Il lavoro è appena iniziato, ora c'è da scrivere un programma di iniziative da condividere insieme ripeto INSIEME.
Aspetto i vostri suggerimenti, le proposte ed anche un impegno diretto per chi volesse.
A presto

Giorgio Diaferia

giovedì 19 novembre 2009

TORINOVIVA si presenta Mercoledì 25 novembre – ore 17.30 Cinema King Kong, via Po 21, Torino


Ascoltare davvero i problemi della città e dei cittadini e offrire soluzioni concrete, perché oggi l’apparato politico pare basarsi su un sistema etico in cui spesso i problemi più gravi sono assenti, a fronte di priorità inopportune e invadenti. Sono questi gli obiettivi e i presupposti che muovono TORINOVIVA, movimento politico e culturale che si presenterà ufficialmente alla città mercoledì 25 novembre, alle 17.30, al cinema King Kong in via Po 21 a Torino.
Soci fondatori del movimento sono Giorgio Diaferia, medico di famiglia, fisiatra e agopuntore, docente universitario,giornalista e conduttore in televisioni locali, con esperienze a livello comunale negli anni ’90, prima con i Verdi e poi con i Ds e Rosa nel Pugno, ed Emanuela Rampi, funzionario della Regione Piemonte presso il settore Affari Internazionali, dove si occupa di Progetti di cooperazione internazionale, già presidente di un’ Associazione a tutela degli anziani malati (S.A.N.A.), con esperienze politiche a livello comunale negli anni ‘90, con i Verdi, precedute da attività con i Radicali.
Giorgio Diaferia ha deciso di re-impegnarsi, con il suo gruppo e la coordinatrice Emanuela Rampi, proprio per un interesse per i problemi della città mai sopito e la constatazione di quanto lavoro politico ci sarebbe da fare a Torino e invece viene disatteso
TORINOVIVA ha infatti ben chiara la disaffezione dei cittadini nei confronti della politica, che si sta trasformando sempre più in rabbia e contestazione, e si propone di costruire un progetto di città da vivere, che sappia offrire prospettive di lavoro ai giovani; più in salute, che colga dall’ambiente anche le grandi opportunità di lavoro e di conoscenza; più sicura e pensata anche per i bisogni e i tempi delle famiglie e delle persone più deboli.
I capisaldi del movimento sono rappresentati da due “E”:
- Ecologia della vita: interesse centrale per la qualità della vita dei cittadini, seguendo modelli di sostenibilità ambientale ed economica, perché i danni all’ambiente creano danni a breve e lungo termine ai cittadini, con un conseguente aumento della spesa
pubblica in ambito sanitario, mentre queste risorse si potrebbero destinare ad altri settori, come la solidarietà sociale e le pensioni.

- Etica della politica: ci sono tanti, troppi temi volutamente tralasciati o dimenticati nel dibattito politico, che sembra scordare i problemi reali della vita. Qualunque candidato eletto dovrebbe restare con i piedi ancorati alle problematiche del territorio, ai problemi sociali che preoccupano i cittadini: giovani, casa, sicurezza della città, rispetto verso gli anziani, tutela di salute e ambiente, lavoro sicuro, famiglia vista come istituzione laica. Partendo da questi principi, TorinoViva vuole essere una corretta e possibilmente obiettiva constatazione dell’esistente evidenziando eventuali carenze e le soluzioni per ovviare al problema in modo etico, razionale e realistico.

Il progetto si pone l’obiettivo di contribuire all’unità di tutte le forze politiche, civili e sociali che mirano alla tutela della salute e del benessere di tutti gli esseri viventi, perseguendo lo sviluppo della cultura dell’accoglienza, della promozione e coesione sociale, della tutela delle fasce deboli.
Tra le proposte in cantiere, ad esempio, ci sono i “Vigili di colore”, più vicini e sensibili alle esigenze quotidiane di una città sempre più multietnica, che possono dare un’idea di appartenenza e contribuire all’ accoglienza proprio in quartieri dove è forte e in aumento la presenza di stranieri, magari loro connazionali, e i “piccoli ospedali o astanterie di distretto”, da istituire per ricoveri brevi, emergenze, per stabilizzare i pazienti anziani, i malati cronici ed i bambini. Il Progetto ha come obiettivo il venire maggiormente incontro alle esigenze delle famiglie e delle fasce deboli e l’intento di supportare l’attività dei medici e pediatri di famiglia.TORINOVIVA si basa sul principio che le decisioni si prendano collegialmente e senza imposizioni dall’alto, non come avviene nell’apparente democrazia dei partiti. Al tempo stesso, è un cantiere ancora aperto a tutti i cittadini convinti che si possano cambiare le cose. Per ora conta su un centinaio di aderenti, tra cui spiccano nomi noti a Torino e non solo, del mondo accademico, ambientalista, medico, ma anche della società civile, ma vorrebbe allargarsi soprattutto ai giovani. Per costruire tutti insieme il programma per Torino 2011.

Per saperne di più: www.torinoviva.it
Per informazioni:
Michela Damasco
328.7787601, 347.8446962
m.damasco@gmail.com
Sito: www.torinoviva.it

A proposito di integrazione di Ezio Borghesio


Stralcio dell'intervento previsto per la conferenza di Mercoledì 25 Novembre.....Innanzi tutto vorrei ringraziare tutti i presenti per essersi riuniti qui, oggi, a sentir parlare di progetti politici. Io e chi mi sta vicino in questo tavolo di rappresentanza della neo associazione Torino Viva non siamo “politici navigati”, quindi se da una parte le nostre argomentazioni potranno sembrare innovative rispetto al solito modello dialogico meglio conosciuto con il termine “politichese”, dall’altra parte potete star certi che vi parlerò con franchezza e, come si dice, a “cuore aperto”.
Sono un ex residente della zona di Porta Palazzo: ho abitato per cinque anni dall’87 al 92 in corso Giulio Cesare n° 6 ed ho tenuto sfitto quell’alloggio per altri cinque per venderlo poi nel 1996 al “prezzo delle patate”. Perché? Per uno svarione nell’investire in mattoni? Perché sono fallito come commerciante? Perché ho avuto un figlio molto malato da curare oltre oceano? Perché è crollata parte della casa? Perché s’è incendiata? Alluvionata? Terremotata? NO!!!
Ho dovuto disfarmi dell’alloggio che avevo comperato e che avevo abitato con mia moglie perché per me e lei non era più possibile abitare lì era diventato troppo rischioso!
Immagino già cosa sta passando nelle menti di molti dei presenti: eccolo qui, il solito intollerante, il solito provocatore che orbita intorno a movimenti pseudopopolari che fanno del “respingimento” la loro bandiera… Ebbene, sarebbe un errore! Perché mai e poi mai dirò che la colpa della mi disfatta come residente a Porta Palazzo è stata la massiccia presenza di stranieri.
Anzi, in quei cinque anni vissuti vicino ad africani, slavi, cinesi ed oriundi di un po’ ogni parte del mondo, io ho potuto aprire la mente, assaggiare nuovi sapori, sentire nuove melodie, imparare nuovi costumi, nuovi modi di fare e di capirsi vicendevolmente. Sono stati i cinque anni più belli di tutta la mia vita!!! Ma allora perché me ne sono dovuto, e sottolineo dovuto, andare via da casa mia?
Ho dimenticato di dirvi che dal 1982 sono alle dipendenze della Città di Torino nella mansione di vigile urbano; e con questo mi gioco la simpatia di molti… pazienza!
In funzione del luogo di lavoro, io e la mia compagna, anch’ella Vigile di Torino, scegliemmo corso Giulio Cesare n° 6: era a non più di quattro minuti a piedi dal Comando e io e mia moglie siamo sempre stati ostili al dover affrontare ore di trasferta per il “dover lavorare”.
Forse siamo stati un po’ arroganti, pensando di andare ad abitare in una casa che già presentava molti segnali di abbandono e disagio sociale, senza avere dei problemi da risolvere; ma la nostra fiducia nelle Istituzioni, la nostra fiducia in noi stessi, ci ha determinati ad accettare la sfida. Sin dall’inizio la strada non fu solo in salita, ma dovemmo affrontare ostacoli di ogni genere.
Una famiglia italo marocchina con piccola bimba abitava una soffitta malsana della scala B sulla quale insisteva un grave stillicidio di acqua piovana: il proprietario, sebbene avvisato dai suoi inquilini, non aveva mosso un dito: feci la segnalazione alla Divisione competente di piazza San Giovanni con un apposito modulo del Corpo dei VV.UU. e il risultato fu che venne notificata al proprietario l’ordinanza di ripristino delle normali condizioni di abitabilità nonché di pagare un milione di lire entro sessanta giorni come sanzione e, per conoscenza, a me nella qualità di “occupante” la mansarda, cosicché il proprietario fece in fretta a capire chi c’era dietro la segnalazione.
Segnalai alla Questura, ai Carabinieri, alla Guardia di Finanza molteplici casi di vero e proprio sfruttamento delle risorse economiche di persone straniere, soprattutto clandestine, da parte di un ristretto gruppo di nostri concittadini, proprietari di vere e proprie stamberghe, di tuguri, dove stipavano a decine donne, uomini e bambini e più erano clandestini, meglio era perché così nessuno andava a lamentarsi delle condizioni del loro appartamento. Quanto alle spese condominiali questi signori erano debitori per svariati milioni, tanto che il condominio dovette essere oggetto di più di una nomina dell’amministratore da parte del Giudice Civile di Torino.
Ma il risultato più comico del mio impegno circa questo fenomeno, lo registrai quando, mentre ancora abitavo il mio alloggio al primo piano della scala A di corso Giulio Cesare 6, mi vedetti recapitare da una Volante della Polizia di Stato, a mani, direttamente, una convocazione dall’allora dirigente dell’Ufficio Stranieri della Questura di Torino: io e mia moglie andammo puntuali all’appuntamento e, per dirla tutta, anche con un po’ di apprensione, perché qualche attrito con spacciatori di droga e annessi sia italiani che stranieri, in zona l’avevamo pur avuto. All’arrivo in Questura il dirigente, che davanti a sé aveva un voluminoso dossier zeppo di fogli, ci chiese di esibire la carta d’identità e poi, con il tono di chi la sa lunga, disse: “allora, signori, il discorso che vi faccio è molto breve è facile da capire: voi mi dite a quanti stranieri affittate il vostro alloggio e quanto ci ricavate ogni mese e la porta da cui siete entrati si spalancherà entro pochi minuti e voi tornerete da dove siete venuti, oppure può cominciare per voi una giornata molto lunga…”; esterrefatto, risposi che potevamo farla ancora più breve ed esibivo il mio tesserino di riconoscimento qualificandomi come vigile urbano e dicendo al dirigente che, se quel dossier riguardava corso Giulio Cesare 6, era più che probabile che i nostri nomi li avrebbe trovati nei primissimi fogli e non come possibili loro utenti, ma come segnalatori, collaboratori, eccetera e che, comunque, la convocazione per andare da lui, quel giorno, ci era stata recapitata presso la nostra abitazione nelle nostre stesse mani, quindi era più che evidente che si trattava di uno svarione. In effetti il dottore girò non più di tre pagine ed io potei chiaramente leggere, seppure al contrario, “su segnalazione del vigile urbano Borghesio….”. Ricevemmo le scuse dal funzionario di polizia, ma la situazione nello stabile di corso Giulio Cesare 6 non trovò poi la benché minima diversificazione.
Quanto ai dirigenti del Corpo di appartenenza, stendo davvero un pietoso velo: alcuni si dimostravano sinceramente frustrati dall’impossibilità di trovare soluzioni ai problemi che rappresentavo loro, dall’igiene dei locali all’ordine pubblico; altri, forse impauriti dalle responsabilità, giunsero a dirmi le cose più impensabili, come un vicecomandante, già ufficiale dei Carabinieri, che ebbe il coraggio di affermare che, se continuavo così, rischiavo una incriminazione per “interessi privati in atti d’ufficio”. A dir poco. Pazzesco!
Comunque, per farla breve, nel 1992 dopo lotte infruttuose mi determinai ad abbandonare la mia casa ed andai in affitto in un altro appartamento in un'altra zona di Torino; per i successivi cinque anni pagai mutuo, spese condominiali e tasse per corso Giulio Cesare 6 e affitto, spese condominiali e riscaldamento per corso Grosseto 133. Io e mia moglie, passammo cinque anni, dal 1992 al 1996, senza poter andare in vacanza una sola volta, centellinando le lire come dei poveretti, nonostante due stipendi da allora sottufficiali dei vigili urbani di Torino.
A farmi decidere che dovevo andare via da casa mia furono le pesanti minacce che ricevetti da alcuni personaggi decisamente negativi (italiani) che, alla luce della nuova procedura penale, vigente dal 1989, che permetteva loro, in sede di fine indagini preliminari, di assumere copia delle cosiddette fonti di prova, e capire così chi – io - aveva collaborato le forze dell’ordine in svariate operazioni di polizia in loro danno, ma furono anche le altrettanto pesanti ammissioni di figure apicali delle forze dell’ordine più note a destabilizzarmi nella mia donchisciottesca avventura: mi sentii dire che per loro Porta Palazzo, San Salvario non erano più territorio dello Stato Italiano, erano una “riserva di caccia”: se si lamentavano statisticamente pochi arresti per quel mese di osservazione, loro con un paio di servizi mirati, andavano in “riserva” ed incrementavano subito la produttività. Non solo, mi sentii dire che era molto meglio avere a che fare con un massiccio numero di clandestini dediti alla criminalità, ma tutti in un’area ristretta della Città, piuttosto che averli sparsi per Torino: il risultato sarebbe stato che il malcontento di un paio di quartieri (peraltro, quello di Porta Palazzo già noto negli anni 60 per problemi legati all’immigrazione, allora dal nostro Sud), si sarebbe trasferito a tutta la città!!! Che Logica!
Parlai anche con un Sostituto Procuratore della Repubblica: credo mi possiate accordare la capacità di parlare in un italiano “a prova di stupido”. Ebbene, nonostante mi avesse ricevuto e visto accompagnato oltre che da mia moglie anche da una voluminosa “porta dopo sci” contenente tre dossier colmi di segnalazioni, denunce, articoli di giornale, foto, petizioni, testimonianze, eccetera, dopo una mezz’oretta di mio soliloquio, il magistrato mi liquidò con un laconico va bene, mi faccia due righe e vedrò cosa poter fare.
Io amo Torino, ho partecipato alle scorse olimpiadi e paraolimpiadi invernali con vera gioia: sono stato e sono fiero della mia città e dei suoi valori, della sua medaglia d’oro per la resistenza, al suo già ruolo di capitale; sono orgoglioso della sua università, anche se da studente-lavoratore quale sono stato non ho ricevuto il benché minimo aiuto ed alla fine ho incrementato le fila di chi abbandona gli studi; sono orgoglioso del suo politecnico, dei suoi musei, dei suoi parchi, del suo centro, della sua capacità di stupire, di produrre ricchezza, di accettare chi diverso per orientamento religioso o sessuale o per altro… diversa è una foglia dall’altra dello stesso albero, diversi i suoi frutti, diversi tutti gli uomini del mondo fra loro; diversità dev’essere uguale ad arricchimento, se non sempre e solo del portafogli, di sicuro molto spesso della nostra cultura, della nostra sensibilità.
Il momento nel quale mi sentivo peggio durante la mia permanenza in corso Giulio Cesare 6 era quando sentivo ragazzi stranieri che lavoravano nella vicina area mercatale di piazza della Repubblica e che dicevano che subivano controlli di polizia quasi ogni giorno: un giorno uno mi chiese, ma perché chiedono sempre i documenti a me che lavoro tutto il sabato per 50mila lire e a mio cugino che 50mila se le fa vendendo una dose di cocaina in meno di un minuto, nessuno chiede mai di tirare fuori i documenti? Avrei preferito sprofondare nel sottosuolo.
Cosa potevo dire a quel ragazzo, come potevo giustificare l’apparente e più che concreta incoerenza rappresentata da alcune scelte operative alle quali io stesso e più di una volta ho assistito inerme ed impotente?
Qui lo Stato italiano è perdente: non riesce a trattare diversamente chi entra in Italia per delinquere e chi entra in Italia per sopravvivere e poi per lavorare.
In quei cinque anni fui avvicinato da alcuni partiti politici di allora, ma ebbi sempre la sensazione di voler essere “usato” per accreditare al loro orientamento un plusvalore che in allora non vedevo e che oggi rifiuto di fornire, comunque.
Se mi sono dichiarato disponibile all’impresa politica dell’amico Giorgio Diaferia è perché ho sentito in lui la sincera, genuina, positiva predisposizione alla nostra Città, alle sue peculiarità e, quando parla di ecologia della vita, lo abbraccio idealmente perché dev’essere questa la chiave di lettura di un moderno amministratore di una grande città. Deve voler ogni giorno puntare al bene della sua gente, dei suoi bimbi e dei suoi anziani; passando dalla tutela dell’ambiente che ci circonda per arrivare alla sicurezza delle nostre strade.
Chi mi conosce già sa che non ho mai speso parole a vanvera.
Chi mi ha conosciuto oggi, sappia che alla mia faccia ci tengo e come ho detto NO a tantissime ed allettanti offerte che mi sono pervenute da ogni parte in quel triste lustro 1992-1996 di impiegare la mia casa di corso Giulio Cesare in avventurose, ma criminali attività, allo stesso modo dico NO ad un vecchio modello di fare politica, teso all’imbonire la brava gente e all’accattivarsi la simpatia dei vari potentati locali.
Dico SI a chi, potrebbe fare benissimo altro e senza nemmeno dover tanto tribolare, si mette invece in gioco per il bene della sua Città con delle idee chiare e con un raro proposito: mi candido, ma non mi ricandido!
INCREDIBILE, ma vero!!!

A proposito di Basse di Stura di Bernardo Ruggeri


Le contestazioni al Sindaco Chiamparino dell’altra sera su Basse di Stura arrivano da lontano. Esse segnano il fallimento della politica dei rifiuti del centro sinistra in questi ultimi venti anni; quindi se la classe politica è inadeguata lo è tutta, nessuno se ne tiri fuori. Il prolungamento della durata della discarica di Basse di Stura è uno sport su cui si sono cimentati in molti: a cominciare dal Commissario di Governo Dott. Malpica, installato in Comune durante una “vacanza” degli inquilini democraticamente eletti, in quanto incapaci di dare un Governo alla Città. A ben pensarci, il commissario fece bene: come avrebbe potuto decidere di impegnarsi sulle raccolte differenziate o nella costruzione di un inceneritore? Lui, che appunto, non era stato democraticamente eletto dai cittadini? Tutti gli altri che si sono succeduti avrebbero potuto farlo. Avevano la legittimazione, i mezzi ed il tempo dallo loro parte; compreso il Sindaco Chiamparino che ha avuto quasi 10 anni a disposizione! E come sono andate le cose? Mentre si continuavano a fissare di volta in volta date “inderogabili” di chiusura di Basse di Stura, contemporaneamente non veniva fatto nulla per rendere la decisione praticabile. Nel 1994, dopo la fissazione dell’ennesima data (2001), il sottoscritto ed il Prof. Del Tin, su sollecitazione del Sindaco Castellani, costituimmo una società GEA (50% AMIAT e 50% AEM (ora IRIDE)) con il compito di costruire l’inceneritore per la città di Torino. Un inceneritore particolare, del tipo “fornelli da cucina”, per intenderci, in maniera tale che durante la sua vita utile (20/25 anni) potesse essere parzialmente spento, per permettere alle raccolte differenziate, ma maggiormente, alle imprese di riciclaggio di poter decollare. La società lavorò e individuò, con largo anticipo, il sito del Gerbido in grado di recepire l’impianto, lo spostamento di attività industriali che gravavano sull’area, le bonifiche ecc. Un bel pacchetto per la politica di “cose concrete” di cui occuparsi, al fine di dare delle risposte all’oggi, ma che guardassero essenzialmente al domani. Ebbene poco dopo, la Politica comunale mandò tutto all’aria: si era scherzato! E tutto tornò nel solito tran tran politico. Dimenticavo, i maggiori oppositori all’interno del Governo comunale rappresentavano il partito dei Verdi; oggi alcuni protagonisti di allora, pare abbiano affinità con il partito di Casini che è orientato a costruire un numero imprecisato di centrali nucleari nel nostro Paese (misteri!!). Cosa dire della Provincia di quegli anni? Rifiutò di tutto e di più: “non si accenderà neanche un cerino”, in serie: l’inceneritore per i rifiuti urbani, quello per gli ospedalieri e un impianto mobile a torcia a plasma, per lo smaltimento dell’amianto (rispedendo al mittente Ministero dell’Ambiente, ben 5 miliardi di vecchie lire!) che tanto servirebbe oggi, ad evitare che tale materiale possa finire in discariche in quel di Alessandria e costituire un pericolo per generazioni e generazioni future. Nel frattempo le aziende e consorzi che si occupano di rifiuti nella nostra provincia, crescevano raggiungendo il numero di 11; con 11 presidenti, 11 consigli di amministrazione, 11 segretarie ecc. ,“l’un l’altro armati”, con uno spreco di risorse ingentissimo. Un mio vecchio amico amava dire che in politica ci sono sempre più “c…” che sedie. La costruzione dell’ inceneritore vede sul suo cammino ben 31 ricorsi, di vario ordine e grado; e….un’altra serie di questioni di dettaglio, che possono portare al calore rosso la questione rifiuti nella nostra città in un futuro non lontano.
Come se ne esce? Sarebbe troppo facile dire di mandare a casa chi ci ha messo in questa situazione: il problema rimane. Scontato che questa volta Basse di Stura vada chiusa allo smaltimento dei rifiuti di qualsiasi tipo e che vangano iniziate le opere di messa in sicurezza e controllo, in quanto la discarica vivrà per i prossimi 30 (minimo) anni, è doveroso pretendere che le risorse che noi cittadini saremo chiamati a sborsare per pagare lo smaltimento dei rifiuti che fino ad oggi non abbiamo pagato, vangano investite per potenziare le raccolte differenziate in maniera da rendere effettivamente residuale lo smaltimento. E l’inceneritore? Ormai nei paesi cosiddetti avanzati, i rifiuti residuali, vengono “smaltiti” con tecnologie a bassa temperatura ad evitare la formazione di diossine ed altre sostanze nocive per la salute umana, ottenendo combustibili per auto trazione, con impianti di piccola taglia ben inseribili in contesti urbani. Non sembra insensato chiedere che i debiti che si stanno contraendo a nome degli attuali e quelli di un paio di generazioni future di cittadini torinesi per l’inceneritore, vangano dirottati su piccoli impianti, magari uno per ogni futura “municipalità” e forse riusciremo anche a risparmiare. Insomma l’inceneritore è un po’ come il telefono fisso: è stato soppiantato da quello mobile, meno impattante sull’ambiente, meno costoso e più confacente alle esigenze dei singoli utenti.
Bernardo Ruggeri
In AMIAT dal 1985 al 2000
Presidente dal 1995 al 2000

domenica 4 ottobre 2009

FIRMA L'APPELLO: NIENTE REGALI ALLE MAFIE, I BENI CONFISCATI SONO COSA NOSTRA


Iniziativa di don Luigi Ciotti presidente di Libera e Gruppo Abele
Tredici anni fa, oltre un milione di cittadini firmarono la petizione che chiedeva al Parlamento di approvare la legge per l'uso sociale dei beni confiscati alle mafie. Un appello raccolto da tutte le forze politiche, che votarono all'unanimità le legge 109/96. Si coronava, così, il sogno di chi, a cominciare da Pio La Torre, aveva pagato con la propria vita l'impegno per sottrarre ai clan le ricchezze accumulate illegalmente.
Oggi quell 'impegno rischia di essere tradito. Un emendamento introdotto in Senato alla legge finanziaria, infatti, prevede la vendita dei beni confiscati che non si riescono a destinare entro tre o sei mesi. E' facile immaginare, grazie alle note capacità delle organizzazioni mafiose di mascherare la loro presenza, chi si farà avanti per comprare ville, case e terreni appartenuti ai boss e che rappresentavano altrettanti simboli del loro potere, costruito con la violenza, il sangue, i soprusi, fino all'intervento dello Stato.
La vendita di quei beni significherà una cosa soltanto: che lo Stato si arrende di fronte alle difficoltà del loro pieno ed effettivo riutilizzo sociale, come prevede la legge. E il ritorno di quei beni nelle disponibilità dei clan a cui erano stati sottratti, grazie al lavoro delle forze dell'ordine e della magistratura, avrà un effetto dirompente sulla stessa credibilità delle istituzioni.
Per queste ragioni chiediamo al governo e al Parlamento di ripensarci e di ritirare l'emendamento sulla vendita dei beni confiscati. Si rafforzi, piuttosto, l'azione di chi indaga per individuare le ricchezze dei clan. S'introducano norme che facilitano il riutilizzo sociale dei beni e venga data concreta attuazione alla norma che stabilisce la confisca di beni ai corrotti. E vengano destinate innanzitutto ai familiari delle vittime di mafia e ai testimoni di giustizia i soldi e le risorse finanziarie sottratte alle mafie. Ma non vendiamo quei beni confiscati che rappresentano il segno del riscatto di un'Italia civile, onesta e coraggiosa. Perché quei beni sono davvero tutti "cosa nostra"
don Luigi Ciotti
presidente di Libera e Gruppo Abele


La firma può essere messa su " l'appello di Libera" (a firma Don Ciotti) per il ritiro dell'emendamento in vista dell'approdo alla Camera della Finanziaria.

sabato 3 ottobre 2009

La gestione del territorio di Vincenzo Reda


Messina come e peggio di Sarno.
Ovvero: i crimini che vengono commessi offendendo il territorio sul quale si vive vengono scontati con morte e devastazione.
Costruire in maniera dissennata sotto pendii a rischio, sopra letti di fiumi; costruire senza osservare i più elementari criteri di buonsenso, con materiali scadenti, con progettazioni incompetenti, senza alcun piano urbanistico coerente.
Tutto ciò porta a conseguenze disastrose.
Quando la Politica lascia il posto al clientelismo, alla mera speculazione elettorale, al soddisfacimento di interessi individuali, dimenticando la collettività: ecco ciò che succede.
E non a caso.
Il Territorio maltrattato si ribella: è un organismo vivente, coerente e di questo sempre più spesso ci si dimentica. E ci si dimentica che, sul lungo periodo, non si fa del male al Pianeta: è alla nostra sciagurata genia che si fa del male, quando noi uomini assumiamo comportamenti irresponsabili.
Non è del Ponte che abbiamo bisogno: con i soldi del Ponte si potrebbero realizzare opere assai più piccole e più diffuse che metterebbero ordine in situazioni territoriali drammaticamente lasciate fuori controllo o, peggio, sotto il controllo di organismi criminali la cui preoccupazione ultima è il bene della collettività e delle generazioni future.
E, purtroppo, la tragedia di Messina non sarà l’ultima.
Fino a quando l’uomo si comporterà come un parassita del Pianeta e non come un suo abitante consapevole e responsabile, dovrà subire le conseguenze che la Terra, inevitabilmente, gli riserverà: lo ripeto, e non sembri una cosa fuori di senno, la Terra è un organismo vivente i cui complessi meccanismi non siamo ancora in grado di comprendere appieno.
Ma la Natura, il Buon Dio o chi per Lui, ci hanno dotato del buonsenso: sarebbe sufficiente seguirlo.
Al solito, prevenire è assai meno dispendioso di curare, ma è molto più comodo e facile intervenire nelle situazioni di emergenza.
La gestione politica della ricostruzione delle zone colpite dal terremoto in Abruzzo lo dimostra ampiamente: il nostro “Leader” ne ha capito i ritorni elettorali e, dunque, non lesina la sua preziosa presenza in loco.
Sarà lo stesso per i posti colpiti dalla tragedia nel messinese.
E nel frattempo si annuncia l’imminente inaugurazione dei lavori per il Ponte…..

lunedì 14 settembre 2009

Iniziamo cambiando i nostri stili di vita. di Vincenzo Reda


In questo periodo, è politicamente scorretto suggerire che diventare più verdi possa comportare correzioni anche minime al nostro stile di vita, ma affrontiamo la realtà. Jimmy Carter aveva ragione. Non moriremo mica se abbassiamo il riscaldamento e indossiamo un maglione. L'efficienza è una droga miracolosa, ma il risparmio è ancora meglio: una Prius consuma meno benzina, ma una Prius parcheggiata in garage mentre tu ti sposti in bici non ne consuma affatto. Anche le più efficienti fra le asciugatrici consumano più energia dello stendino dei panni.
Fare di più con meno è un ottimo inizio, ma per arrivare all'obbiettivo dell'80% di emissioni in meno il mondo industrializzato potrebbe, occasionalmente, dover fare di meno con meno. Forse dovremo disattivare qualche cornice digitale, sostituire in alcuni casi il viaggio d'affari con la teleconferenza, e andarci piano con i condizionatori. Se questa è una verità scomoda, è meno scomoda delle migliaia di miliardi di dollari che costano i nuovi reattori, della dipendenza perpetua da petro-stati ostili o di un pianeta in affanno.

Dopo tutto, i paesi in via di sviluppo hanno il diritto di crescere. I loro cittadini sono comprensibilmente smaniosi di mangiare più carne, guidare più automobili e vivere in case più belle. Non sembra equo che il mondo industrializzato dica: fate quello che diciamo, non quello che abbiamo fatto in passato. Ma se i paesi in via di sviluppo seguiranno, per giungere alla prosperità, la strada dello spreco già percorsa dai paesi industrializzati, la terra che tutti condividiamo non reggerà. Perciò dobbiamo cambiare modo di comportarci. A quel punto potremo almeno dire: fate quello che facciamo, non quello che abbiamo fatto in passato.

(Traduzione di Fabio Galimberti)Conclusione dell’articolo di Michael Grunwald “I sette falsi miti sulle energie rinnovabili”, pubblicato sul Solo 24 Ore del 6 settembre scorso.

venerdì 11 settembre 2009

Crocetta svegliati ! di Giorgio Diaferia


Domenica pomeriggio passeggio da corso Rosselli a corso Vittorio Emanuele percorrendo all'andata il corso Re Umberto ed al ritorno la via Sacchi. Non ci posso credere, non un bar aperto, una sola generosa Cremeria la 42 che serve gelati e bibite.Devo arrivare sino da Platti in corso Vittorio per trovare un altro bar e poi il deserto ricomincia sino alla piazza Solferino, compresa. Via Sacchi invece vanta un negozio di "cineserie" sempre aperto, anche nei giorni festivi ed estivi, per il resto è una serrata generale da corso Vittorio a corso Rosselli e più. Non parliamo poi del corso Galileo Ferraris o Duca degli Abruzzi, la pace dei sensi!. Alcuni segni di vita si possono forse trovare nel corso De Gasperi, ma pochi, e non sempre. Sarà perchè è domenica. Provo a ripassare sul corso Re Umberto il sabato pomeriggio verso le 18, l'unico presidio è rappresentato da una altra Cremeria e da un tabaccaio, che a volte però ho già trovato chiuso(quando gioca il Toro in casa). Luoghi di intrattenimento un cinema-teatro spesso per non dire sempre chiuso e che fa solo teatro per conto dello Stabile, i film dovrebbero venire proiettati ma non accade.Poi c'è un cinema di prima visione, ora anche dotato del 3D e...........stop.E' davvero sconsolante e lo è ancora di più l'indagine che sto conducendo sull'accesso a casa dei soggetti portatori di handicap nel semiquartiere Crocetta.Porte che ti si chiudono addosso, ascensori inesistenti o che si fermano al mezzopiano superiore o inferiore, scalinate di accesso una volta che si sia miracolosamente entrati nel portone. Per non parlare poi dei negozi, tutti dotati di gradino e porta che per motivi di sicurezza ti si richiude addosso.L'indagine andrà avanti su tutta la città soffermandosi anche sugli attraversamenti pedonali, ce ne fosse qualcuno con la suoneria per ipovedenti o ciechi.Segnalateci un disagio o un problema
torinoviva@gmail.com

Il difensore civico degli animali , qualche prima considerazione di Marzio Panichi veterinario


Che dire del magnifico “canile rifugio” la cui costruzione ci è costata un sacco di soldi e pur tuttavia d'estate i cani morivano di caldo perchè mancavano le piante per fare ombra! Anche la gestione non è stata sempre felice. L'abbiamo letto sui giornali cittadini ed abbiamo visto che la gestione della Cooperativa sociale non ha funzionato bene fino in fondo!
Che dire poi dei cani ergastolanizzati a Moncalieri ed a Torino perché mordaci e non “affidabili”? Bisognerebbe farli valutare da Medici Veterinari Comportamentalisti e provare a ricondizionarli attraverso percorsi riabilitativi che il “Regolamento comunale per il benessere…” prevederebbe, cosi come la recente Ordinanza Martini sull’incolumità pubblica !
Voglio ricordare l’Ordinanza del 16 Luglio 2009 , sempre della Martini, che ti detta “misure per garantire la tutela e il benessere degli animali…”imponendo l’obbligo di mettere mano al portafoglio per sterilizzare i cani entro 60 giorni dall’ingresso in canile!
Sarebbe importante fare dei corsi abilitanti di “cani e padroni buoni cittadini” che , una volta patentati, potranno costituire esempi pratici di comportamenti virtuosi per tutti quei padroni di cani che invece non lo sono e nel contempo serviranno per convincere gli indifferenti alla valorizzazione dei cani come “utili amici dell'uomo”, specialmente quando si trova ad essere solo in una società indifferente , o vecchio, od ammalato di depressione.
Peraltro credo che ci siano ancora oggi troppi cani clandestini non iscritti all’anagrafe canina, che sarebbe da incentivare e completare attraverso campagne di persuasione a non abbandonare i cani e ad acquisirli solo se si è poi in grado di gestirli. Per le tanto spiacevoli deiezioni canine,bisognerebbe approntare dei “cessetti” per cani nelle aree attrezzate di sgambamento ( almeno qualcuno in via sperimentale) ed anche in qualche giardino pubblico o altra zona sterrata non percorribile a piedi ( ex sedi di binari tramviari per es. o controviali ecc.). I cani non emettono solo feci ma anche “pipi”ed è per queste che molti condominii si delimitano con zolfo od altro e molti negozi mettono bottiglie di acqua sugli stipiti. Allora forse bisognerà sperimentare anche qualche “vespasiano” per cani

domenica 6 settembre 2009

Quando Torino decide di mostrarsi............così di Vincenzo Reda



È un pomeriggio dei primi giorni di un settembre ancora troppo caldo; è un sabato pomeriggio di un giorno che segue un venerdì ventoso che ha ripulito l’atmosfera: e Torino si dona al meglio di sé.
La luce è abbacinante e la temperatura quasi ideale: quando Torino decide di mostrarsi così, diventa una città dalla bellezza disarmante.
Allora decidi di scendere la via Po, quella retta barocca che unisce il culo medievale di Palazzo Madama alla facciata neoclassica della Gran Madre, imitazione malriuscita del Pantheon, costruita per festeggiare il ritorno di un Savoia, dopo la fastidiosa parentesi napoleonica.
Tenendo la nobile mano sinistra - i reali la vollero coperta senza soluzione di continuità dal Palazzo al Fiume, per passeggiare al riparo dalla pioggia e dal sole - scendi la via fino alla bellissima piazza Vittorio Veneto.
Ti siedi nell’angolo nord-ovest della piazza, all’ombra degli ombrelloni dello storico Bar Elena di dove puoi rilassare lo sguardo con i verdi di una collina più bella di quella fiorentina - più selvaggia, più varia, più grande e con l’anfiteatro delle Alpi in fronte, che i fiorentini nemmeno si sognano - e sorseggiare un buon bianco fresco, parlando del più e del meno (tanto meno e poco più, di questi tempi) con un amico.
E qui ti ferisce lo spettacolo indecoroso di orrendi gazebo, gonfiabili, aree allestite per intrattenere genti di periferia con calcetto, calciobalilla, palchi da cui si berciano decibel insopportabili.
Questa volta è il turno di Dahlia Tv, ma questi spazi stupendi li concedono a cani e porci, dopo tutta la fatica fatta per liberarli dalle auto in sosta…
E ti rovinano il pomeriggio, ti oltraggiano la piazza, ti offendono le architetture barocche, i verdi della collina; e perfino della Gran Madre par di sentire i lamenti, se non le imprecazioni.
Il buon architetto Dondona, inventore dell’arredo urbano, si starà per l’ennesima volta rivoltando nella tomba….
Ecco l’esempio di quel che dico non doversi concedere nelle piazze e nelle vie storiche della città: metteteli nelle periferie - oltretutto il “target”, cui queste iniziative promozionali di basso marketing si rivolgono, è proprio quello tipico dei ragazzotti di periferia, senza con questo voler discriminare nessuno.
Lì avrebbero assai più successo, servirebbero a riqualificare territori abbandonati e degradati, lascerebbero libere le architetture barocche delle vie e delle piazze centrali alla fruizione colta dei turisti e dei cittadini desiderosi di passeggiare all’ombra della storia e dell’arte, invece che sotto le grinfie del marketing e della volgarità.
Commentando ad alta voce tutto questo, col mio amico, da un tavolo vicino due persone, perfettamente sconosciute, annuivano dicendo: “Firmeremmo anche noi qualsiasi petizione in proposito!”. Come a dire che i cittadini non hanno perso del tutto il sano buon senso. Quantomeno, non tutti i cittadini…
E allora, diamogli una mano!
Da lunedì 14 settembre inzierà la raccolta firme, scrivici per aderire
torinoviva@gmail.com

Influenza suina le cose da farsi di Giorgio Diaferia (foto di V.Reda)


Lavarsi le mani, evitare gli assembramenti pubblici, lavare bene frutta e verdura che va comunque consumata . E poi ? Ricordarsi che il primo gradino della sanità pubblica è il proprio medico di famiglia che tuttavia spesso non ha un ambulatorio organizzato per poter accogliere decina di persone contemporaneamente, e molto spesso non ha l'assistenza di una infermiera ma solo di una impiegata. Il medico dovrà effettuare tutte le vaccinazioni, quella per l'influenza stagionale e quella per la nuova influenza. Occorre però ricordare che, salvo modifiche del virus, al momento non avvenute, di Influenza si parla, quindi febbre, segni di raffreddore, male ai muscoli, possibili disturbi tipo nausea e vomito con diarrea. Ovviamente un'attenzione particolare sarà da dedicare alle persone anziane ed a quelle affette da pluripatologie tra cui malattie cardiocircolatorie e respiratorie.Sarannno vaccinate migliaia di persone negli studi dei medici di base, a cominciare da operatori sanitari, donne in gravidanza e diabetici.Potrebbe quindi essere molto utile attrezzare a tal scopo anche quelli delle ASL della specialistica o fornire per la fase della vaccinazione un'infermiera della ASL di appartenenza che aiuti ed affianchi il medico di famiglia nel periodo "caldo" Distribuzione di mascherine per gli operatori sanitari presso le ASL di appartenenza unitamente a guanti monouso e misuratori della temperatura auricolare, sarebbe molto utile per circoscrivere già alcuni soggetti a rischio e limitare il contagio che potrà anche avvenire negli studi medici oltre che nei Pronto Soccorsi. Perciò stiamo lontani dai Pronto Soccorso degli Ospedali e rechiamoci solo in casi gravi e magari su consiglio dei medici di guardia medica o di famiglia.L'Influenza è una malattia che si cura a casa proprio con il riposo, pochi farmaci essenziali per febbre e sintomi.In caso di persistenza della febbre o in presenza di soggetti a rischio è utile interpellare il proprio medico di famiglia. E' inutile sottoporre al tampone per il test diagnostico tutti i soggetti sospetti di aver contratto la malattia.I farmaci antivirali andranno usati con attenzione e solo nei casi accertati e gravi. La paura potrebbe fare più danni del virus. Usiamo il cervello e stiamo tranquilli

sabato 5 settembre 2009

"Da L'Ambiente n°4 2009" di Bernardo Ruggeri Direttore Scientifico



Il nucleare italiano è partito: si è costituita la joint venture
paritaria Edf-Enel, dal nome programmatico “Sviluppo Nucleare
Italia srl”; essa avrà il compito di fare studi di fattibilità,
trovare siti, curare gli aspetti normativi e legislativi per
la realizzazione di 4 centrali da 1600 MW; costo cadauna:
4,5 miliardi di euro; tempi di costruzione: avvio 2013 con inizio
produzione nel 2018. Dimenticavo, l’obiettivo è quello di
aprire fin dall’inizio il capitale ad altri soci arrivando a una
quota del 49% viste le ingenti risorse economiche necessarie:
2,81 milioni di € per MW, ad oggi. In questo Argomento
ci occuperemo del costo dell’energia nucleare, in quanto
si tratta di una variabile “non controllabile”; Governo e
Confindustria ripetono ossessivamente che il nucleare farà
abbassare la bolletta e che le rinnovabili costano troppo.
Andiamo con ordine ed analizziamo alcuni fatti. Nel 2008
la cifra presentata dall’Amministratore Delegato dell’Enel
Fabio Conti come costo di una centrale da 1600 MW era
di 3,2-3,5 miliardi. L’hayatollah del nucleare, inaugurando il
cantiere di Mochovce in Slovacchia, dove Enel completerà
due unità di progettazione sovietica anni ’70 per 880 MW
totali alla modica cifra (preventiva) di 2,8 miliardi di euro, ha
viceversa ribadito che le centrali da costruire in Italia costeranno
4,5 miliardi l’una, per un totale di 18 miliardi di euro.
L’inflazione “nucleare” viaggia intorno al 30% annua, si vedrà
a fine costruzione, se fine vi sarà.
La clausola di assunzione dei rischi di varia natura (ritardi e
costi aggiuntivi) nella fase della costruzione di una centrale
nucleare, visto quello accaduto nel cantiere finlandese di
Olkiluoto, ultima centrale nucleare quasi ultimata in Europa,
che sta cumulando gravi costi e ritardi (1,5 miliardi di extracosti
e un contenzioso aperto tra committenti e costruttori su
chi dovrà farsi carico di questo onere), ha spaventato fortemente
i francesi di AREVA. Infatti è emblematica la vicenda
dell’Ontario dove il Governo di quel paese ha bandito una
gara per la sostituzione di due vecchi reattori nucleari; ebbene
la gara si è chiusa per eccesso di costo. Per la sostituzione
dei due reattori, il governo aveva previsto un costo di
quasi 7 miliardi di dollari (poco meno di quelli previsti dall’AD
dell’Enel). Hanno presentato offerte l’AECL canadese e la
francese AREVA, la prima per 26 miliardi ed i secondi per
23,6 miliardi di dollari. Considerando che le due proposte
prevedevano due tipologie diverse, unità da 1200 MW i canadesi
e 1600 MW i francesi, i costi di costruzione diventano
10,8 milioni di $ per MW la proposta canadese e 7,4 milioni
di $ la francese e considerando un cambio favorevole euro/
dollaro, si arriva a 7,5 e 5,1 milioni di euro per MW installato.
Per quanto attiene il costo di produzione uno studio del MIT
del 2003 lo valutava variabile in un range 7.7 - 9.1 cent$/
kWh, uno studio del Keystone (sponsorizzato da 11 organizzazioni
coinvolte nella componentistica nucleare) ampliava
la forchetta a 8.3 - 11.1 cent$/kWh. Nel caso dell’Ontario il
costo del kWh salirebbe a oltre 16 centesimi di dollaro con
la proposta francese ed includendo i rischi di ritardo; la proposta
canadese fa schizzare il costo del kWh prodotto a 24
centesimi circa, il triplo di quanto il DOE (dipartimento americano
dell’energia) valuta i costi per l’eolico.
Con parole semplici (Tom Burke, Reset n°110 ,2008): quanto
costa una centrale nucleare? Esistono soltanto due risposte
oneste. La prima: non sappiamo. La seconda: ve lo diremo
a costruzione ultimata.
Uno sguardo al mondo fuori dal nucleare: l’Europa ha registrato
nel 2008 risultati molto interessanti. L’eolico si è posizionato
al primo posto (35%) in termini di potenza netta
elettrica installata, seguito dalle centrali a gas (29%) e dal
fotovoltaico (19%).
La cosa più interessante è il fatto che l’eolico si posiziona
al secondo posto con il 45%, dopo il gas al 68% ed il fotovoltaico
al terzo posto con il 7%. Nello steso periodo di tempo
le centrali nucleari, quelle a carbone e ad olio combustibile,
presentano un saldo negativo. Cosa succede in Italia? Le
“Statistiche sulle fonti rinnovabili in Italia, 2008”, pubblicate
dal GSE (Gestore Servizi Elettrici), forniscono un quadro della
situazione attuale, evidenziando gli sviluppi occorsi negli ultimi
anni. Nel solo 2008 sono stati installati 1.010 MW eolici, circa
300 MW fotovoltaici, 400.000 metri quadrati di solare termico,
complessivamente la potenza installata rinnovabile è aumentata
in un anno del 7%, l’equivalente di un centrale nucleare
da 1600 MW, il tutto in un solo anno e senza tanti traumi sociali.
Si tratta di risultati tali da posizionarci finalmente ai primi
posti in Europa e nel Mondo. Uno sguardo ai costi: nell’eolico
sono stati investiti 1,8 miliardi di Euro, mentre 1,2 miliardi €
sono stati destinati al finanziamento degli impianti fotovoltaici
e 0,4 miliardi € agli impianti termici. Agli investimenti sul solare
e sull’eolico effettuati nel 2008 - 3,4 miliardi € - vanno aggiunti
quelli relativi alle biomasse, ai biocarburanti, alla geotermia a
bassa ed alta entalpia e al mini idroelettrico.
La domanda che si pone è: esisterà mai un luogo in cui
dibattere seriamente e democraticamente nel nostro paese,
in cui poter valutare non ideologicamente e con spirito
laico le scelte energetiche che ci accingiamo a compiere
per noi e le generazioni future?

venerdì 4 settembre 2009

Per una nuova politica culturale di Vincenzo Reda

Occorre ritornare a una politica culturale che incoraggi e aiuti a riqualificare aree prestigiose del territorio urbano, oggi abbandonate a una movida selvaggia e senza scopo.Aree come il Quadrilatero e i Murazzi possono costituire, con semplici interventi basati a ridare slancio alle associazioni artistiche e culturali, la chiave di volta di una politica di questo tipo.
Non è molto difficile, né eccessivamente costoso, dare vita a iniziative come rassegne, concorsi, piccoli premi che abbiano come fine la diffusione di arte e cultura sul territorio. Lo stesso livello, sia come prodotti sia come servizi, di molti locali pubblici di queste aree molto frequentate è basso perché frutto spesse volte di improvvisazione e scarsa preparazione professionale. Indire un grande concorso, o una grande rassegna tra locali, che miri al controllo e alla crescita del loro livello medio, non sarebbe cosa molto complessa né costosa.
Una strategia che a mio avviso sarebbe importante perseguire in campo culturale è il totale decentramento di ogni attività, fieristica o similare, che oggi vede impegnate le piazze e le vie storiche del centro: la magnifica architettura e l’urbanistica della nostra città sono un valore straordinario per le intrinseche valenze estetiche che non devono essere degradate da gazebo, tensostrutture, stand e tutto quel genere di arredi orribili che deturpano luoghi di bellezza unici al mondo. Ci sono le periferie che hanno bisogno di essere riqualificate e ridate al controllo della cittadinanza e tutte quelle attività che oggi “sporcano” il centro storico potrebbero magnificamente servire alla crescita di territori oggi abbandonati e totalmente fuori da ogni controllo.
Per quanto attiene alle grandi istituzioni museali torinesi, anche in questo caso occorre ridare slancio alle associazioni che gravano loro attorno: i musei devono aprirsi all’esterno, essere vivi, andare nelle strade e nelle scuole. Le associazioni di amici dei vari enti potrebbero costituire un mezzo molto interessante in questo senso.
Vi sono poi una serie di realtà meno conosciute, ma non certo meno valide, che andrebbero valorizzate (Museo delle antichità, Museo della scienza, ecc.).
Per quanto attiene ai teatri, lirici e di prosa, maggior attenzione ai giovani, sia come fruizione sia come offerta, opportunità, attività; e sempre con un controllo rigoroso del denaro pubblico.
La musica, che a Torino è sempre stata, in ogni suo genere, un fatto importante è oggi un territorio di totale disinteresse istituzionale: anche qui il denaro pubblico, se investito oculatamente a incoraggiare iniziative di formazione, riqualificazione e controllo di locali e territorio, potrebbe svolgere una grande funzione al servizio della cittadinanza.
La mia idea è che l’arte e la cultura debbano appropriarsi del territorio: ciò richiede molte idee, molte energie, molta passione, molta competenza ma, e questo mi pare fondamentale, non molti soldi: certo, è più facile finanziare pochi, grandi, e spesso incontrollabili, enti e istituzioni (utili soltanto a sistemare persone di fiducia o serbatoi di voti) che fare una politica di territorio. Ma è di questa che, a mio avviso, la città necessita.

Salute e Ambiente comunicazione mancante di Giorgio Diaferia

La comunicazione e l’informazione sui temi dell’ambiente e le ricadute sulla salute degli esseri viventi che i danni ambientali possono procurare sono ridivenuti di grande attualità dopo il lancio della “Green Economy” del Presidente americano Barack Obama ed il suo dichiarato impegno sulla tutela e la salvaguardia della salute degli esseri umani e dell’ambiente in cui viviamo. Il tema dell’ambiente e della medicina da molti anni sono trattati nelle reti televisive nazionali separatamente, con buon successo di pubblico. Viene tuttavia dimenticata la sintesi : “Ambiente e Salute” Salute nelle città, nelle campagne, nelle fabbriche per chi ci vive, ci lavora o anche solo è di "passaggio". I cittadini hanno, per legge, il diritto di essere informati sui rischi per la loro salute legati all'Inquinamento ed i Sindaci sono coloro che devono tutelare la Salute di tutti gli esseri viventi in città, quindi animali umani ed animali a 4 zampe.

giovedì 3 settembre 2009

Ad essere giovani in una grande città, come ci si sente? di Ezio Borghesio.

Ad essere giovani in una grande città, come ci si sente? Quali sono le problematiche più ricorrenti? Quali sono i disagi più incombenti? Quali sono le dinamiche relazionali più caratterizzanti le persone minori, i bimbi e gli adolescenti che vivono a Torino? Quali sono le risposte dei “grandi”, dai genitori agli amministratori locali? Quanto sanno i nostri ragazzi in materia di nuove droghe, di abuso e violenza sessuale, di attività predatoria di gruppo, di convivenza con il diverso, quello che arriva da lontano o che è di diverso orientamento sessuale? Quanto sanno i loro genitori e quanto riescono a parlare di questi argomenti con i loro figli?
Come vorrei che qualche personaggio del panorama politico locale si ponesse queste domande e cercasse delle risposte, non già dai vari capidipartimento, dai vicequestori, dalle figure apicali e spesso inamovibili negli anni, che reggono i fili della pubblica amministrazione, quanto invece nelle scuole, presso le comunità e gli istituti di accoglienza, presso l’istituto di pena minorile Ferrante Aporti ed ogni altro posto qualsiasi dove i ragazzi di Torino vivono, pensano e sperano.
Parlando di carcere minorile,perché a questo ci si riferisce, va detto che la presenza di italiani al suo interno rappresenta la netta minoranza, come è netta la minoranza di ragazze detenute. Questi’ultimo dato è il risultato di una reale e concreta minore inclinazione all’attività criminosa o illecita in genere del sesso femminile; mentre per quanto riguarda la popolazione straniera detenuta, il risultato di maggioranza è dato dal fatto che nell’applicazione delle “misure cautelari personali” per i minorenni (d.p.R. 448/88) ci sono principalmente tre gradi distinti: 1° le “Prescrizioni” con le quali il Giudice dice al ragazzo indagato, per esempio, che deve smettere di uscire la sera, o vieta di andare a vedere le partite di calcio, o di frequentare la “banda”, o impone di seguire un percorso con i servizi sociali sul territorio e via dicendo. Ovviamente questa soluzione implica la realtà che il minore sia identificato, abbia una famiglia al seguito, una casa, eccetera e, soprattutto, che sia alla sua prima esperienza delittuosa (rapine, furti aggravati, estorsioni); ma se è un minorenne clandestino in Italia, se non ha una famiglia, se è da solo in questa nostra parte di mondo? La 2^ gradualità della misura cautelare prevista consiste nella permanenza in casa e, anche in questo caso, ci si ritrova spesso a non poter applicare questa misura coercitiva, proprio per le caratteristiche della esistenza invita del minorenne indagato. L’ultima, la terza fattispecie di applicazione di misura cautelare, è quella della detenzione (massimo sei mesi) in regime di custodia cautelare in carcere. A questa situazione giungono italiani che hanno commesso crimini efferati, ovvero stranieri cosiddetti “non accompagnati”, che paiono dare spiraglio di aggancio per un percorso rieducativo agli osservatori del Tribunale per i minorenni (ci si riferisce al servizio sociale per i minorenni in sede, ai giudici onorari ed ai giudici togati). E’ quindi intuibile il perché la popolazione domiciliata presso il Ferrante Aporti sia in larga misura composta da stranieri.
Ma che “clima” c’è al’interno del carcere?
Un significativo aneddoto risalente ad un paio di anni fa consiste nella scelta di qualche “genio” della ristorazione collettiva interna all’istituto stesso, che una sera decise di far portare ai minorenni detenuti del formaggio. E che formaggio fu scelto? … dello stracchino? No! Dell’Asiago? No! Insomma, fu portato ai ragazzi del gorgonzola, che alcuni nordafricani vissero come formaggio deteriorato, data la nota formazione di muffe che contraddistingue il formaggio in questione, e cominciarono a gettarlo contro i muri del refettorio, con il risultato che si può ben immaginare. Si fanno attività, si insegnano anche dei mestieri che, talvolta, accompagnano anche per lungo tempo il percorso di recupero del ragazzo/uomo; ma il problema di fondo è che in una città che vuole essere centro delle celebrazioni del prossimo cento cinquantenario dell’Unità d’Italia, che vuole essere un esempio d’integrazione, eccetera, in Torino, l’istituto di pena minorile Ferrante Aporti dovrebbe essere vuoto!Ma è possibile investire nei giovani (che notoriamente non producono reddito, ne’ vanno a votare), senza “sprecare risorse”? In tutti gli incontri (moltissimi da quasi dieci anni a questa parte) che ho avuto con giovani torinesi e non, sia in sede d’interventi formativi presso le classi prime e seconde del secondo ciclo scolastico (più istituti professionali che licei), che in occasione degli interrogatori e delle audizioni presso gli uffici giudiziari minorili dove lavoro dal 1° maggio 2000, appunto, la sensazione più netta che ho avuto è stata quella di avere a che fare con “rinsecchite spugne viventi”, assetate di confronto e di sapere: ragazzi e ragazze che non sanno da cosa è composto l’hashisch, che comprano da un qualunque sconosciuto a porta palazzo o ai murazzi, ma che guardano il bugiardino del medicinale che mamma gli “propina” per il malessere in cui sono incappati. Altri che hanno concorso nell’intossicazione da sostanze psicotrope e poi nella successiva violenza sessuale di gruppo ai danni della loro compagna di classe, che tanto si vedeva che ci stava, da come era truccata e dalla minigonna che aveva…!
Ragazzi che riconoscono come valore solo il potere che deriva dal possesso di denaro, di “status simbol”, a prescindere se si deve passare da una rapina per ottenerli. Ragazzi che si sentono qualcuno non perchè vanno bene a scuola o primeggiano in qualche attività sportiva, ma perché appartengono alla temuta “band”, eccetera, in un abisso di disvalori che la società civile e democraticamente organizzata, spesso implicitamente ammette tra le sue devianze contemporanee…: in fondo i politici rubano, no? Tutti si arrangiano, quindi, che sono io? Il più fesso?
Andare bene a scuola oggi, per avere un domani contraddistinto da una buona occupazione, da una buona famiglia, agiata e prosperosa, per questi ragazzi miei ospiti, spesso sono drammaticamente solo fantasie da “la fattoria del mulino bianco”.
Ne 1999 l’allora Vicesindaco Domenico Carpanini e l’allora Comandante della polizia municipale di Torino,Vincenzo Manna, concordarono un protocollo con il Procuratore della Repubblica per i minorenni, che all’epoca era Graziana Calcagno, per l’istituzione di una SQUADRA MINORI, che fu istituita in seno alla polizia locale predetta con specifica Determina di Giunta Municipale (la n° 9905575/19 del 22 giugno 1999). Vi furono assegnati quattro sottufficiali del Corpo, che ebbero come compito prioritario quello di cercare per le strade di Torino, in orario di normale attività scolastica dell’obbligo, dei minorenni che, invece, venivano mandati agli incroci per lavare vetri delle macchine o per vendere paccottiglie varie. Fu un’attività silenziosa e metodica, che diede ottimi risultati; molti furono i ragazzi/bambini sottratti ad adulti, quasi sempre non i reali genitori, ignari in madre patria, che speculavano sulle loro giovani vite; ragazzi che vennero poi inseriti in progetti di recupero e di scolarizzazione, spesso con risultati assai positivi. Diversi furono gli adulti ad essere denunciati all’Autorità Giudiziaria ordinaria per il maltrattamento, per l’abbandono o per altri reati pesanti in danno di minorenni. L’organico iniziale fu implementato e si arrivò a sei operatori (Comunicazione n° 101 del 06/05/2003), ma, ad un certo punto (nel corso dell’anno 2007), gli addetti alla Squadra Minori vennero dapprima chiamati a svolgere il proprio servizio d’istituto presso il Comando di corso XI febbraio e non più presso la Procura per i minorenni, per poi sparire del tutto (assorbiti dal Nucleo operativo), senza che ne sia mai data ufficiale notizia e, soprattutto, senza che sia mai venuta meno la legittimità della determina predetta.
Questa è la dimostrazione di quanto sia l’interesse degli attuali vertici del Comando dei Vigili Urbani di Torino circa “il disagio minorile”.
Ma presso la Questura di Torino, quali sono le forze impegnate” quattro unità e che non hanno nemmeno solo compiti di sottrarre dal freddo e dall’inquinamento delle nostre strade i bimbi ed i ragazzini, che non hanno diritto alla salute, diritto alla vita. I Carabinieri e la Guardia di Finanza, proprio non prevedono unità lavorative specializzate in tal senso.
Tutto ciò alla faccia della CONVENZIONE INTERNAZIONALE DEI DIRITTI DEL FANCIULLO, firmata a New York il 20/11/1989 e recepita dallo Stato italiano l’anno successivo.
Ma i bambini, i giovani, sono o non sono il “futuro di tutti noi adulti”? Adulti che hanno anche responsabilità di gestione delle pubbliche risorse; adulti che possono e devono prendere delle decisioni.
Quanto sinora espresso non è che un piccolo esempio d’inadeguatezza dell’amministrazione locale. Ce ne sarebbero altri, sempre riferiti agli adolescenti, ma il rischio di prolissità è in agguato!
La proposta: rendere di nuovo operativa la determina de quo ante e, viepiù, fare in modo che ci sia il contributo di tutte le principali specialità di polizia (due carabinieri, due poliziotti,due finanzieri e due vigili, anche a livello di turn over biennale, come un aggiornamento professionale), che siano applicati alla sezione specializzata di polizia giudiziaria per i minorenni e che ricevano direttive dal pubblico ministero di riferimento per tutte quelle attività delegate o d’iniziativa, comunque volte alla salvaguardia della più serena crescita psicofisica dei minorenni del distretto giudiziario di Torino (Piemonte e Valle d’Aosta).

Nerio Nesi è deceduto oggi all'età di 98 anni

E' con vivo dolore che apprendo della scomparsa dell'amico ed ex assistito ( sono stato il suo medico di famiglia per oltre 10 anni,...