domenica 27 giugno 2010

Contro, il ritorno del Nucleare in Italia


NUCLEARE TRA MITO E REALTA'
Di: Bernardo Ruggeri Prof. Associato Politecnico di Torino in Chimica Ambientale
Direttivo TOW

Ormai è prassi leggere ed ascoltare che l'energia nucleare è il futuro e che può risolvere i problemi dovuti ai combustibili fossili: alti prezzi, inquinamento, emissioni di gas clima alteranti. Segue la consueta annotazione sull'Italia che ha rinunciato stoltamente a questa opportunità e che siamo ancora in tempo per rimediare costruendo nuovi reattori.
Al di là dei discorsi fatti nei talk show e sui giornali in cui ci si guarda bene dal fornire dati quantitativi affidabili, per capire meglio l’impatto dell’energia nucleare sul sistema paese sarebbe utile esaminare e mettere a confronto qualche caso concreto di sistemi energetici in paesi che utilizzano o non utilizzano il nucleare. Per iniziare un ragionamento serio (non esauribile nello spazio di un Argomento) scevro da paraocchi ideologici, non c'è di meglio che mettere a confronto la denuclearizzata Italia con la nuclearizzatissima Francia . Questi due paesi hanno un numero di abitanti simile, la Francia ha un clima più rigido e dunque utilizzerà più energia di un italiano per il riscaldamento domestico. La Francia non è il paese con più reattori nucleari, primato che spetta agli USA, ma sicuramente è quello che copre la maggior quota di fabbisogno energetico con energia atomica; è costellata di impianti nucleari: 19 siti con un totale di 58 reattori per una capacità di 63 GWe e non vi sono significativi piani di crescita, piuttosto al momento EDF (equivalente della nostra ENEL) sta progettando di rimpiazzare nel prossimo decennio alcuni impianti obsoleti con nuove installazioni per mantenere la capacità.
Qualche dato comparativo tra Francia e Italia, i dati sono tratti da EuroStat, la banca dati statistica dell’UE riferiti all’anno 2005 (*). Punti deboli dei due sistemi: per l’Italia il maggiore consumo di gas, petrolio e carbone ai fini termoelettrici: gas 26.402 (Mtep milioni di tonnellate equivalenti di petrolio) contro 6.291; petrolio 9.642 contro 1.653; carbone10.001 contro 6.402. Per la Francia i maggiori consumi di petrolio nel settore dei trasporti e dei riscaldamenti domestici: trasporti 48.225 contro 42.251; riscaldamento domestico 18.203 contro 9.002. Non ci sorprende il fatto che la Francia grazie al nucleare consumi meno combustibile fossile per produrre energia elettrica, potrà stupire però che nonostante il nucleare la Francia consumi più petrolio della vicina Italia, situazione aggravata dal fatto che la produzione nazionale di idrocarburi è molto inferiore a quella dell’Italia. In prospettiva il divario tra i consumi petroliferi di Francia e Italia tenderà a crescere in quanto quest’ultima sta riducendo velocemente l’utilizzo di petrolio per fini termoelettrici e domestici in favore del meno inquinante metano. Per il carbone ci si aspetterebbe una totale assenza dallo scenario francese nell’ambito termoelettrico, grazie all’atomo, ma evidentemente non è così, una quota seppur piccola è presente; e non mancano gli usi industriali, in particolare nei cementifici. In totale, nonostante il nucleare, il consumo francese di carbone è poco inferiore a quello italiano e c’è la possibilità che aumenti grazie al fatto che la Francia è la meno colpita dal protocollo di Kyoto e potrebbe permettersi di sostituire il petrolio col carbone in alcuni usi industriali. Sul lato del gas è ben evidente il vantaggio francese grazie all’atomo ma a voler ben interpretare i dati potremmo dire che questo vantaggio si potrebbe ridurre rapidamente; si noti infatti come gli ipertrofici consumi francesi di gasolio per autotrazione sono aggravati dal fatto che per la minore penetrazione del gas negli usi domestici, molti cittadini utilizzano ancora l’antieconomico gasolio da riscaldamento, non vedendo probabilmente l’ora di passare al più economico metano.
Questa situazione in Italia è stata disinnescata per tempo grazie alla combinazione di progressiva metanizzazione urbana e l’abolizione del superbollo ai diesel, ciò non ha permesso ai combustibili per uso domestico di entrare in competizione con quelli da autotrazione, cosa che sta accadendo ora in Francia, con l’aggravante che sui mercati europei c’è carenza di gasolio raffinato localmente. Per questo i francesi dovranno in qualche modo aumentare le importazioni di gas. In Italia d’altra parte, dopo il boom della produzione termoelettrica da metano e la temuta scarsità di gas vi è stato un vistoso azzeramento delle nuove autorizzazioni di centrali a gas, dunque il fattore più rilevante nella crescita dei consumi è stato disinnescato, non è pensabile un ulteriore sensibile crescita dei consumi se non dopo aver realizzato nuove infrastrutture pipeline e/o rigasificatori e stoccaggi. Nei prossimi anni presumibilmente, mentre in attesa di infrastrutture il consumo di gas italiano crescerà lentamente il divario con la Francia si attenuerà. Da un esame della situazione della produzione elettrica emergono le sostanziali differenze tra Francia, paese dotato di un surplus di energia elettrica e Italia, paese importatore. D’altra parte l’abbondanza di energia elettrica, ha rallentato in Francia, più che nella già ritardataria Italia, lo sviluppo delle fonti rinnovabili, in particolare la più competitiva elettricità eolica che pure sarebbe disponibile sulla costa Atlantica, cosa che avrà un suo peso relativamente agli obbiettivi di produzione da fonti rinnovabili recentemente stabiliti in sede UE. L’insieme dei fattori citati sembra determinare un vantaggio competitivo del sistema paese Francia: uno dei minori prezzi del kWh nella UE-15: 121,1 €/MWh contro 232,9 €/MWh; quest’ultima oltre ad essere tra le più care, sconta anche un maggior carico fiscale sull’energia elettrica: del 40% circa contro il 30% francese. La situazione degli altri paesi Germania, Belgio, Regno Unito, pur avendo buone quote di nucleare hanno comunque prezzi sopra la media europea, mentre altri come la Grecia, pur non avendone affatto hanno prezzi sotto la media. Da un confronto di questo genere sembra emergere che il nucleare può abbassare i prezzi dell’energia elettrica sotto le medie europee solamente se è presente in percentuali molto alte come nel caso della Francia. A che prezzo? Forse i cittadini francesi potrebbero pagare il vero prezzo del KWh sotto forma di costi militari nelle tasse? Un indicazione si ricava dal livello di spesa militare: 2,6% del PIL in Francia contro il nostro 1,8% e 1,5% delle Germania? In ultimo, a proposito di indipendenza dai paesi produttori di petrolio: 38,5 mld di € spesi dall’Italia contro i 37,5 mld spesi dalla Francia per l’importazione di prodotti petroliferi. Una riflessione su tali dati è d’obbligo.
(*) http://epp.eurostat.ec.europa.eu/portal/page?_pageid=0,1136239,0_45571447&_dad=portal&_schema=PORTAL)

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