mercoledì 6 ottobre 2010

Discutiamo di cose serie di Alfiero Grandi

L’attenzione si è comprensibilmente concentrata sul Governo, sulla fiducia richiesta, sull’esito del voto finale.
Nessuno può negare l’importanza di questo passaggio sul destino del Governo.
Ciò non toglie che sarebbe un grave errore distrarsi da avvenimenti che potrebbero avere effetti pesantissimi sul futuro del nostro paese.
Si tratta della discussione europea sui conti pubblici dei paesi membri.
E’ in vigore l’accordo di Mahastricht, con i noti parametri da rispettare. Sul trattato di Mahastricht, sulle sue rigide regole di bilancio, autorevolmente definite stupide, è aperta da tempo una discussione critica che ne ha messo in discussione rigidità e vincoli. Senza troppa fortuna, in verità. Basta ricordare la discussione sull’esigenza di aggiungere ai parametri di Mahastricht, interpretati dalle vestali del monetarismo europeo con rigidità, almeno altri parametri come la qualità dello sviluppo, gli investimenti di interesse europeo, l’occupazione, ecc. Anche a destra c’è chi proposto di escludere dai parametri le spese di investimento negli armamenti.
La commissione Attali discusse in sostanza di questo quando ha messo in discussione i criteri di misurazione del Pil.
Il vento oggi spira di nuovo non solo verso l’applicazione rigida dei parametri di Mahastricht, ma va oltre se è vero che dovrebbero entrare in vigore regole ancora più rigide sul debito pubblico e sanzioni che renderebbero –paradossalmente - il paese che sfora i conti ancora più debole perché costretto a pagare anche una pesante penale.Il pericolo di un default di tipo greco viene agitato come un drappo rosso. Il patto di stabilità e crescita caro a Ciampi perderebbe definitivamente la crescita e resterebbero solo i tagli.
Il Governo italiano si presenta in questa discussione europea nelle condizioni peggiori, perché prima ha esaltato quanto l’Italia sarebbe messa meglio degli altri paesi europei mentre ora siamo in realtà più esposti con numeri da brivido.
Il debito pubblico italiano arriverà nel 2011 al 119 %, dal 104 % che era all’inizio del 2008 e questo è esattamente il punto di attacco dei rigoristi che vogliono non solo l’applicazione rigida di Mahastricht ma auspicano un nuovo trattato che lo sostituisca ancora più rigido. Il trattato di Mahastricht per un soffio non è entrato nella Carta europea ma ora potrebbe diventare ancora più rigido e l’Italia ne pagherebbe le conseguenze.
Il Governo Berlusconi-Tremonti ha lasciato aumentare il debito pubblico italiano di altri 150 miliardi di euro. Il livello più alto mai visto e qui il risanamento delle banche c’entra poco perché le ragioni sono: riduzione dello sviluppo, riduzione delle entrate, aumento fuori controllo delle spese malgrado i tagli e regali fiscali a categorie sociali amiche.
Ora l’Italia è in difficoltà. La destra europea preme e teorizza una riduzione del debito pubblico del 3 % l’anno per 20 anni, con la conseguenza che lo stato sociale non sarà più sopportabile e un impoverimento secco delle condizioni di vita.
La sinistra europea, tutta, dovrebbe contrastare questa linea in nome di un contributo europeo alla ripresa economica mondiale. Tagliare ora, senza ripresa economica vuol dire condannare la maggioranza dell’Europa a un lungo periodo di staganzione, di disoccupazione. Sarebbe una follia, la costruzione dell’Europa stessa potrebbe entrare in sofferenza. Se il risanamento dei conti avviene dentro la logica dei tagli non c’è scampo. L’unica alternativa possibile è quella di una politica di sviluppo che in particolare in Italia deve prendere i soldi dove sono e investire e sostenere la ripresa economica e l’occupazione.
Anche da questo versante prima si cambia registro e si discuterà di cose serie meglio sarà per l’Italia.

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